Fukushima, chiusa la falla. Nel reattore iniezione di azoto anti-esplosione

TOKYO – Dopo un’intera giornata di studio, la Tepco, il gestore della disastrata centrale giapponese di Fukushima, ha comunicato in serata l’avvio dell’iniezione di azoto nel reattore 1 (poi sarà la volta dei reattori 2 e 3) per scongiurare l’ipotesi di un’esplosione di idrogeno, con un’operazione che ”non comporta un rialzo significativo della perdita di radioattività”.

Neanche il tempo di tirare il fiato per la chiusura della falla al pozzo di sfogo del reattore 2, da cui usciva acqua tossica direttamente in mare, che subito si presenta il problema dell’idrogeno che aumenta nei reattori i rischi di esplosione.

”Stiamo lavorando di concerto e con lo scambio di opinioni su base quotidiana”, ha spiegato in conferenza stampa Hidehiko Nishiyama, portavoce dell’Agenzia nipponica per la sicurezza nucleare, parlando della Nuclear Regulatory Commission (Nrc, la Authority americana sull’energia atomica) e dei suoi timori sul fattore idrogeno, uno dei pericoli più insidiosi ”nella vasta gamma di minacce” alla stabilità dell’impianto. Lo scoppio potrebbe danneggiare il serbatoio di contenimento del reattore, causando perdita di grandi quantità di materiale radioattivo.

Nishiyama, poco prima che la Tepco avviasse il suo piano, ha rassicurato sul fatto che ”non c’è rischio immediato che si verifichi un’esplosione di idrogeno” e che la misura dell’azoto ”vale solo come precauzione”.

Il raffreddamento del combustibile, in altri termini, porta alla condensazione del vapore nel serbatoio di contenimento con la possibilità di rilascio d’idrogeno (”non sappiamo bene il motivo, ma potrebbe essere per i danni al combustibile”, ha detto Nishiyama), riducendo la pressione e permettendo l’ ingresso di aria esterna. Se questo accade, l’ossigeno può reagire con l’idrogeno e provocare l’esplosione.

L’iniezione di azoto, peraltro una procedura usata anche in fasi di attività regolare dei reattori, impedirebbe ai due elementi di raggiungere livelli critici. In assenza dei sistemi di raffreddamento, distrutti dallo tsunami dell’11 marzo, la Tepco ha impedito il surriscaldamento dei reattori 1, 2 e 3 prima con l’acqua di mare e poi con quella dolce, le cui barre di combustibile sono danneggiate, nella misura stimata, rispettivamente del 70%, 30% e del 25%.

L’utility, inoltre, ha pressoché scaricato nell’oceano le 11.500 tonnellate di acqua con bassa radioattività, aprendo la strada allo stoccaggio di quella altamente radioattiva (soprattutto al reattore 2), che impedisce le operazioni per la messa in sicurezza della centrale.

La Tepco ha annunciato che rimborserà a residenti e agricoltori colpiti dal disastro nucleare circa 8.300 euro a famiglia, come atto preliminare, mentre l’India è stato il primo Paese a vietare le importazioni di cibo da tutte le zone del Giappone.

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