Lombardia: alberi mangia-polvere per battere lo smog

MILANO – Arriva un’idea per ridurre l’inquinamento in Lombardia: piantare alberi anti-smog che si “mangino” i fumi nocivi. I rimedi naturali sono per antonomasia i migliori. Anche se in questo caso il riferimento non va all’unguento della nonna per le escoriazioni o agli impacchi e ai suffumigi di menta per combattere l’asma. Si tratta invece di una soluzione naturale per ridurre gli effetti devastanti dell’impatto umano sull’ambiente: piantare alberi anti-smog per ridurre la presenza di polveri sottili. È questa una delle strategie più innovative inaugurate recentemente per combattere la presenza di Pm10 nell’atmosfera delle grandi città in Lombardia. Qualche giorno fa, la Coldiretti Mantova e l’Istituto Carantani di Cannetto sull’Oglio hanno presentato durante una conferenza sul tema i dati relativi alla possibile introduzione di piante capaci di assorbire l’anidride carbonica prodotta dal traffico delle automobili nelle città.

“Tiglio selvatico, frassino e biancospino – spiega Coldiretti Lombardia – sono alcune delle essenze che offrono la massima assimilazione di anidride carbonica per metro quadrato di foglie. Mentre per le polveri sottili sono particolarmente indicati, oltre ai tigli, anche gli olmi, gli ippocastani e gli aceri. Basti pensare che cinquemila piante in un anno assorbono 228 chili di PM10: pari alle emissioni di oltre mille macchine che percorrono 20 mila chilometri in 12 mesi”.

Alla lista degli alberi di Coldiretti va aggiunto l’imponente bagolaro (celtis australis), la pianta migliore per assorbire il Pm10. L’idea dell’associazione di categoria è portare la sperimentazione anche nel centro più trafficato della Lombardia, quello milanese, che nonostante l’introduzione recente dell’Area C per ridurre l’impatto degli autoveicoli sull’aria meneghina, soffre ancora di contaminazioni atmosferiche potenzialmente gravissime per la salute dei cittadini. Se la sperimentazione lombarda avesse successe, potrebbe poi diventare apripista di politiche da applicare a livello nazionale.

L’esempio risolutivo viene dall’estero e dai dati elaborati dai ricercatori dell’University of Southampton, raccolti da uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Landscape and Urban Planning. Gli scienziati inglesi hanno stimato che a Londra gli alberi rimuovono ogni anno tra le 850 e le 2.100 tonnellate di Pm10: poca roba, se si considera che questa quantità corrisponde rispettivamente allo 0,7 e all’1,4% delle polveri sottili prodotte in città. E pensare che già adesso gli alberi londinesi coprono il 20% della superficie urbana complessiva. Così i ricercatori hanno ipotizzato di aumentare il numero di piante fino a raggiungere il 30% di “area verde” all’interno della superficie londinese: complessivamente, sarebbe ridotto il livello di Pm10 fino a 1.100 – 2.300 tonnellate ogni anno, entro il 2050. Ciò vuol dire che verrebbe tolto dalla circolazione circa il 1,1 – 2,6 % del totale degli agenti inquinanti. Comunque poco, ma non se gli effetti positivi della strategia verde fossero incentrati in alcune zone strategiche, come spiega Peter Freer-Smith, coautore dello studio inglese e direttore scientifico della commissione nazionale Forest Research: “Le dosi eccessive di Pm10 possono aggravare ad esempio i casi di asma, e per questo l’abbattimento delle polveri sottili in certe aree specifiche può avere effetti importanti, soprattutto intorno alle scuole”.

Intanto, uno dei primi progetti nostrani sul tema sembra essere naufragato per incuria. A Milazzo, nel messinese, il maltempo delle settimane passate ha fatto crollare una parete di protezione che copriva gli alberi piantumati di fronte al depuratore di Fossazzo. Si trattava di alberi anti-smog, acquistati dal comune al posto delle centraline antinquinamento: il tutto avvenuto nel 2007, alla modica cifra di un milione di euro, in base ad un decreto (il “Noè”) per incentivare l’acquisto di “piante ad alto assorbimento” nei comuni che ospitano industrie. E pare che sia stata la scarsissima manutenzione a condannare le piante a morte.

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