La marea nera lambisce le paludi del delta del Mississippi, la Casa Bianca si difende

Pubblicato il 30 Aprile 2010 - 21:32 OLTRE 6 MESI FA

I primi uccelli con le ali coperte dal petrolio sono approdati a riva in Louisiana. Nelle paludi del Delta del Mississippi, lambito dalla notte del 30 aprile dai tentacoli della marea nera, arriva la Guardia Nazionale sulle coste della Louisiana.

Potrebbe essere l’inizio del peggior disastro ambientale della storia americana. Alla Casa il presidente Barack Obama ordina lo stop alle trivellazioni offshore: “Basta per almeno un mese, finché non sarà fatta chiarezza”. Sono passati dieci giorni dall’esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon.

Nei cieli nel Golfo del Messico due C-130 mandati dal Pentagono cominceranno presto a spruzzare solventi per debellare il petrolio assassino. Sospinto dal vento, l’acre odore della “piovra” oleosa è arrivato fino a New Orleans, oltre 100 chilometri a nord: “Sembra di respirare dietro lo scappamento di un camion”, dicono i residenti della “Big Easy”, consolandosi con le star del festival del Jazz, sponsorizzato per ironia della sorte dalla Shell, tra cui il Paul Simon di Graceland: “Mississippi Delta Shining Like a National Guitar”.

Potrebbe essere, anzi sarà peggio della Exxon Valdez, la petroliera che nel 1989 scaricò in mare 40 mila tonnellate di greggio contaminando 1.600 chilometri di costa e scatenando 38 mila azioni legali. Secondo i calcoli della Noaa (National Oceanic Atmospheric Administration) tra 55 giorni il volume di petrolio sgorgato nel golfo del Messico eguaglierà quello dell’Alaska mentre ci vorranno fino a 90 giorni per tappare le falle che si sono aperte nel fondo del mare quando è affondata Deepwater Horizon.

Accusato di aver reagito con lentezza al disastro che investe la stessa regione devastata cinque anni fa dall’uragano Katrina, Obama è tornato a parlare della marea nera dal Giardino delle Rose: “Il governo è pienamente preparato e sta facendo tutto il necessario”, ha detto il presidente annunciando di aver chiesto al ministro dell’Interno, Ken Salazar, di far rapporto entro 30 giorni “sulle tecnologie e le precauzioni da prendere per evitare un bis di incidenti come questi.

Nel frattempo la Casa Bianca ha congelato i piani di nuove esplorazioni offshore e la Bp, responsabile del disastro perché era suo il petrolio del pozzo esploso, ha fatto buon viso a cattivo gioco: “Non metteremo ostacoli”. Il maltempo complica intanto gli sforzi di contenimento in cui sono impiegate tra l’altro una settantina di navi mentre sulle tv americane i meteorologi scandiscono il cammino di quello che dall’alto sembra un serpente dalle scaglie iridescenti che si staglia contro il blu cobalto dell’oceano: tra sabato 1 maggio e domenica 2 maggio arriverà in Mississippi e Alabama, lunedì3  in Florida, dove il governatore, Charles Cris, ha decretato lo stato di emergenza nelle sei contee della zona delle Panhandle più esposte all’impatto.

Lungo le coste, dove pesca e trivelle sono due facce della stessa medaglia – le attività che consentono la sopravvivenza alle famiglie del luogo – la popolazione si sta preparando al peggio. Bob Abbruscato, un pescatore dell’Alabama, è uscito ieri in mare per quella che teme essere stata l’ultima volta della vita e ha detto, trattenendo a stento le lacrime: “Adesso penso con rimpianto a tutti quelli che ho pescato”.

Dal microcosmo della vita lungo la costa, alle ripercussioni nei palazzi di Washington: Obama ha mandato nella zona del disastro vari ministri (tra cui Janet Napolitano della Homeland Security, Salazar e la capo dell’Epa, Lisa Jackson, che hanno sorvolato la zona). Si è mosso anche il ministro della Giustizia, Eric Holder, inviando un team di esperti legali per incontrare le procure locali e studiare eventuali responsabilità che potrebbero coinvolgere il gigante texano Halliburton.

Bp intanto si è accollata l’onere delle operazioni di contenimento ed eventuali conseguenze legali: “Se le richieste di danni saranno legittime le onoreremo”, ha detto il Ceo, Tony Hayward.