ROMA – Pronta la mappa dei siti potenzialmente idonei per la realizzazione del deposito nazionale di scorie nucleari. La Sogin, la società pubblica incaricata della messa in sicurezza delle scorie radioattive prodotte dalla breve stagione del nucleare italiano, ha consegnato all’Ispra (Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale) l’elenco.
La Carta delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi) ad ospitare circa 75mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità, dovrà essere approvata entro due mesi. L’Ispra dovrà verificare per ogni sito il rispetto dei criteri indicati nella ‘Guida tecnica per la localizzazione’ e poi eventualmente validarla. Successivamente, nell’arco di un mese, è atteso il nulla osta dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico per rendere pubblica la Carta e il Progetto preliminare.
Si stima un investimento complessivo di circa 1,5 miliardi di euro per la realizzazione, circa 1.500 occupati l’anno per quattro anni e 700 posti di lavoro per la gestione.
Sogin, entro i sette mesi indicati dalla pubblicazione della Guida tecnica dell’Ispra, ha stilato la mappa rispettando i 15 criteri di esclusione delle aree su cui potrà essere costruito il deposito all’interno di un Parco tecnologico (un centro di ricerca, aperto a collaborazioni internazionali, per attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato).
Sono state escluse tutte le aree vulcaniche attive o quiescenti, località a 700 metri sul livello del mare o ad una distanza inferiore a 5 chilometri dalla costa, aree a sismicità elevata, a rischio frane o inondazioni e le fasce fluviali, dove c’è una pendenza maggiore del 10%. No ad aree naturali protette, che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati, quelle a distanza inferiore di un chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e ferrovie.
Eliminate queste aree, nella mappa restano evidenziati un centinaio di siti potenzialmente idonei sparsi in una dozzina di regioni. Seguiranno ulteriori indagini a livello regionale e valutazioni socio economiche. In uno di questi luoghi verrà evidenziato un chilometro quadrato libero per la realizzazione che si compone di due parti. La prima è il deposito nazionale di superficie in cui i barili con le sostanze contaminate verranno avvolti da tre diverse protezioni in calcestruzzo e cemento e poi messi in celle sigillate e ricoperte con più strati di materiale impermeabile. La seconda è il parco tecnologico: un centro di ricerca specializzato nel campo del decommissioning.
Dopo il via libera dei ministeri, partirà la consultazione pubblica, che culminerà in un Seminario Nazionale, dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti e interessati. Secondo il direttore generale dell’Ispra, Stefano La Porta, alcune zone potrebbero candidarsi perché questa volta l’approccio è trasparente. Quindi si dovrebbero evitare le contestazioni del 2003 quando la protesta di Scanzano Jonico, in Basilicata, individuata dal Governo per costruire un deposito interrato, costrinse l’esecutivo a rinunciare.
Il Deposito – l’Italia è l’ultimo Paese Ue a non averlo – è un’infrastruttura di superficie dove mettere in totale sicurezza i rifiuti radioattivi e consentirà di completare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e di gestire tutti i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti da attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca.
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