Ogm, restano vietati: Consiglio di Stato respinge ricorso di Giorgio Fidenato

Ogm, restano vietati: Consiglio di Stato respinge ricorso di Giorgio Fidenato
Ogm, restano vietati: Consiglio di Stato respinge ricorso di Giorgio Fidenato (foto Ansa)

TRIESTE – Il divieto di coltivare mais geneticamente modificato in Italia resta. Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di Giorgio Fidenato, imprenditore friulano che aveva impugnato il decreto che vieta di coltivare mais Ogm Mon810 nelle sue terre.

Lo scorso 23 gennaio il Governo aveva in ogni caso prorogato il divieto di coltivazione per altri 18 mesi con un nuovo decreto. La Commissione europea sta intanto lavorando per rivedere, entro la fine di aprile, il futuro processo decisionale sugli Ogm nell’Unione europea.

La sentenza del Consiglio di Stato ha ricordato che in attesa dell’adozione delle misure comunitarie,

“lo Stato membro può decidere se e per quanto tempo mantenere in vigore le misure d’emergenza nazionali adottate”.

Ancora, il Giudice riconosce che i Ministeri della Salute, dell’Agricoltura e dell’Ambiente hanno

“correttamente ritenuto che il mantenimento della coltura del mais Mon 810 senza adeguate misure di gestione non tutelasse a sufficienza l’ambiente e la biodiversità, così da imporre l’adozione della misura di emergenza contestata”.

Il ricorso era stato presentato dall’agricoltore friulano Giorgio Fidenato, leader di Agricoltori Federati, favorevoli agli Ogm, che più volte aveva tentato di seminare mais transgenico nel proprio campo sfidando il governo e la Regione Friuli Venezia Giulia, per poi impugnare il decreto del Governo che vieta la coltura del mais geneticamente modificato in Italia. Fidenato ha dichiarato:

“Non nutrivo grandi speranze nel Consiglio di Stato, come del resto in ogni situazione in cui ad esprimersi è un Tribunale italiano, visto che siamo il Paese della disapplicazione dei trattati europei. Come sempre ho fatto in passato – ha aggiunto il leader di Agricoltori Federati -, mi rivolgerò alla Corte di Giustizia Europea, l’unica che ha riconosciuto la bontà delle nostre istanze e del nostro operato”.

E ha aggiunto:

“Questa sentenza mi fa riflettere ancora una volta su un’altra delle circostanze tutte italiane: i giudici, a prescindere dal caso specifico e odierno, non pagano mai per eventuali errori. Probabilmente, se fosse introdotta una norma ad hoc, pronunciamenti che vanno in netto contrasto con la legge comunitaria, che è sovrana in questa materia, sarebbero meno frequenti”.

 

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