VADO LIGURE – Prosegue l’inchiesta condotta dalla procura di Savona che in un fascicolo aperto contro ignoti ipotizza i reati di disastro ambientale e omicidio colposo a Vado Ligure, dove svettano le ciminiere bianche della centrale a carbone della Tirreno Power.
Ma in questa inchiesta, è bene sottolinearlo, mancano i responsabili: il fascicolo, come si è detto, è aperto contro ignoti e si paventa l’accusa di omicidio colposo, ma da attribuire poi effettivamente a chi? In pratica se i magistrati riconoscono che dalla centrale elettrica Tirreno Power di Valdo Ligure sono fuoriuscite emissioni talmente inquinanti da incrementare i casi di tumore e le morti, dall’altro non hanno un nome a cui addossare la colpa.
Dopo le anticipazioni pubblicate da Il Secolo XIX che giovedì citava una perizia epidemiologica su un incremento della mortalità per cancro rispetto agli standard, mille in morti in più nella Valle di Vado, il quotidiano ligure torna sul caso:
Non si tratta, fin qui, di capire se i valori sono stati superati, ma di comprendere perché i controlli sulle emissioni non venivano e non vengono eseguiti in maniera prioritaria da un ente pubblico. Prima venivano eseguiti dall’Enel e dal 2002 tocca dalla Tirreno Power. Insomma, dai proprietari dell’impianto.
La Tirreno Power dal canto suo ha diffuso un comunicato: “Tirreno Power svolge la propria attività produttiva nel rispetto delle normative”. Ma la domanda che oggi si pone il quotidiano ligure è:
perché i controlli e gli studi sulle emissioni di polveri leggere nella Valle di Vado non li ha fatti la politica?
E’ una storia vecchia di quarant’anni, scrive il Secolo XIX che lo è andato a chiedere a Carlo Giacobbe, ex sindaco di Vado Ligure dal 2004 al 2009, vicepresidente e assessore all’Ambiente della Provincia di Savona.
“Io, con Nicola Isetta, allora sindaco di Quiliano, chiedemmo nel 2006 che i controlli potessero essere svolti dall’ente pubblico, ma la nostra richiesta si fermò alla conferenza dei servizi. L’Enel ieri e la Tirreno Power oggi hanno la possibilità di monitorare direttamente le emissione alla sommità delle ciminiere perché così stabilisce la normativa ministeriale. È un decreto che stabilisce i parametri di legge e dice a chi spettano i controlli. All’Arpal resta comunque una verifica periodica anche sulle emissioni al camino”.
Periodica ma non costante, puntualizza il quotidiano. Ma il meccanismo resta regolato a livello ministeriale. E la politica poco o nulla ha potuto monitorare. L’altra domanda che il quotidiano ligure si pone è:
Perché la Regione Liguria o la Provincia di Savona non hanno disposto un’indagine epidemiologica, un’inchiesta scientifica per capire se sono maggiori le possibilità di ammalarsi in un raggio di circa 50 chilometri dalla fabbriche e dalle ciminiere di Vado?
In realtà uno studio c’è, ma si ferma al 2004. Franco Zunino, assessore regionale all’Ambiente dal 2005 al 2010, ne dispose un altro “su richiesta dei sindaci di tutto il comprensorio, nel 2006”. Spiega Zunino al Secolo XIX:
“Prendeva in considerazione gli anni dal 1999 al 2004. Lo studio sottolineava che sarebbe stato opportuno fare degli approfondimenti epidemiologici, che non erano però di competenza del mio assessorato. E il settore sanitario, interpellato, ritenne che i dati acquisiti non richiedessero un ulteriore approfondimento”. Così dalla Regione Liguria non arrivò nessuna indagine epidemiologica.
Ma dalla procura sì.
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