Usa, marea nera: In un sistema imperfetto siamo sicuri che la BP pagherà tutto quello che deve pagare?

La tremenda catastrofe ecologica provocata dall’esplosione della piattaforma petrolifera della BP Deepwater Horizon nel Golfo del Messico comincia ad avere conseguenze politiche che rischiano, se non ancora di guastare, certamente mettere sotto pressione le relazioni politiche ed economiche tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.

Per capire quanto sta succedendo o sta per succedere bisogna avere ben chiari i numeri della tragedia che sta (inquinando è dire poco) devastando le coste di svariati stati americani che si affacciano sul Golfo con tutta la loro popolazioner umana ed animale. Le stime su quanto greggio fuoriesce dal pozzo rotto della BP a 1.500 metri sotto il livello del mare crescono e continuano a crescere. L’ultima ci informa che ancor prima del fissaggio del tappo di contimento, con notevole ritardo rispetto all’esplosione della piattaforma, il torrente di greggio era pari a 20-40 mila barili quotidianamente.

Con questi numeri in mano Jody Freeman, della Harvard Law School, consigliere della Casa Bianca, ha dichiarato che in base all’America’s Clean Water Act, la BP dovrà probabilmente pagare multe pari a 1.100-4.300 dollari per barile di petrolio finito in mare. Il colosso multinazionale britannico si vedrà quindi presentare un conto – secondo le stime attuali – pari a 7 miliardi di dollari.

Ma sono cifre indicative, perchè anche con il tappo di contenimento parte del greggio continua a fuoriuscire in mare. Al punto in cui ci si trova adesso, gli scienziati calcolano che da quando la piattaforma è esplosa il 20 aprile, uccidendo 11 persone, nel Golfo del Messico si sono riversati tra i 160 e i 430 milioni di litri di greggio. Un lago.

La catastrofe non poteva non finire in politica. I sondaggi hanno immediatamente accertato che – dopo tutto questo tempo trascorso inutilmente mentre il pozzo continua a vomitare petrolio ed insozzare alcuni dei tratti di costa più belli d’America e i media pubblicano foto orripilanti di uccelli irriconoscibili sotto il manto di greggio – gliAmericani considerano BP il nemico pubblico n.1. Se poi si considera che lo stesso presidente Barack Obama ha ammesso ritardi e incompetenze da parte della sua amministrazione, si capisce perchè ora il capo della Casa Bianca ha cominciato a fare la voce grossa non solo con la BP, ma anche con i responsabili governativi britannici.

Obama e il neo-primo ministro conservatore David Cameron parleranno telefonicamente, ma è improbabile che il colloquio sia cordiale o tanto meno costruttivo. Obama ha infatti già cominciato a sparare a palle incatenate contro la BP, suggerendo il licenziamento del presidente Carl-Heric Svanberg, incapace di fermare il disastro, accusando l’azienda di incompetenza, ed entrando nella sfera politico-economica della Gran Bretagna proponendo che il colosso petrolifero sospenda i dividendi per essere pronto a pagare i conti astronomici che gli verranno presentati.

Considerando che il 25 per cento dell’azionariato BP è posseduto da fondi pensionistici britannici e compagnie di assicurazione, con 1,25 miliardi di sterline dei suoi 7 miliardi di dividendi destinati a fondi pensionistici di investimento, si possono capire le gride allo scandalo levatesi dai banchi della Camera dei Comuni. Un funzionario governativo, Lord Oakeshott, ha accusato Obama di voler fare il ”bullo” con i risparmiatori britannici.

Fino a questo momento Cameron ha cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, affermando di condividere la ”frustrazione” degli americani per il continuo sgorgare del petrolio e la ”preoccupazione” per le devastazioni ambientali. Ma il premier ha anche sottolineato che la BP ”è un’azienda economicamente importante non solo in Gran Bretagna ma anche negli Stati Uniti e in altri Paesi”. E’ nell’interesse di tutti, ha proseguito, ”che la BP continui ad essere un’azienda finanziariamente forte e stabile”. La BP è arrivata a perdere in borsa fino al 40 per cento, per poi risalire a 33,97 a New York venerdi.

Per cercare di calmare i bollenti spiriti da una parte e dall’altra dell’Atlantico, Svanberg – lui stesso criticato per aver inizialmente preso sottogamba il disastro – incontrerà Obama alla Casa Bianca mercoledi accompagnato dal Ceo Tony Hayward ed altri funzionari BP. Sarà la prima volta che Obama incontrerà esponenti del colosso britannico da quando la Deepwater Horizon è esplosa, un fatto che alcuni media americani definiscono ”singolare”. Hayward finirà poi giovedi davanti ad una agguerrita commissione della Camera dei Rappresentanti che vorrà risposte precise sul perchè mentre stanno parlando un fiume di petrolio continua a invadere le acque del Golfo.

Gestione cookie