B come bancari – La radiografia del costo del lavoro nel gruppo UniCredit

B come bancari – La radiografia del costo del lavoro nel gruppo UniCredit
di Nicola Borzi
Dopo il grande accordo sindacale di ieri sulle ricadute occupazionali in Italia del nuovo modello organizzativo One4C, il cosiddetto “bancone”, resta aperta una domanda: quanto costa il lavoro nel gruppo UniCredit?
Di più: quanto costa un dipendente nel retail, quanto costa uno del private banking, quanto costa nell’asset management, quanto costa nel corporate and investment banking, quanto nelle direzioni generali e nei servizi ausiliari?
Proviamo a dare una risposta.
A fine giugno, secondo i dati ufficiali pubblicati insieme alla semestrale di Piazza Cordusio e contenuti del database divisionale del gruppo, il costo del lavoro totale nei primi sei mesi dell’anno era di 4 miliardi 653 milioni e 300mila euro. La forza lavoro complessiva media nel periodo era di 162mila 379 dipendenti (i rotti arrotondiamoli, please). Il costo medio unitario lordo semestrale, per dipendente, era pari a 28.660 euro (se la matematica non è un’opinione). Ma questo ci dice ben poco: UniCredit lavora in Italia e all’estero. Andiamo dunque a calcolare quanta è e quanto costa l’occupazione in Italia.

Come mostrato dalle tabelle che precedono, nei primi sei mesi dell’anno lo “sportellista”, definizione imprecisa sotto la quale comprendiamo tutti gli addetti della rete retail di Piazza Cordusio, in Italia è costato 35.640 euro lordi semestrali, 71.280 l’anno. Quasi 19.500 euro (semestrali lordi), o 39mila l’anno, in meno del costo pro capite di un addetto italiano del private banking, cioè il 54,6% in meno. Quasi 17.700 euro (semestrali lordi), o 35.400 l’anno, in meno del costo pro capite di un addetto europeo del corporate and investment banking, cioè il 49,6% in meno. Ben 37.400 euro lordi in sei mesi, oppure 74.800 in un anno, in meno di un addetto dell’asset management, cioè meno della metà. Il 18,5% (6.600 euro lordi a semestre, 13.200 l’anno) in meno dei 42.240 euro lordi semestrali, o se preferite 84.500 circa, dei dipendenti delle direzioni generali e di tutti i servizi ausiliari (Ict, real estate, backoffice, maintenance eccetera eccetera).
Ora prendiamo questi dati sul costo medio unitario semestrale, raddoppiamoli per calcolarli su base annua e moltiplichiamoli per le stime di individuazione dei possibili prepensionamenti nelle diverse società del gruppo, elaborate da UniCredit e comunicate preventivamente ai sindacati. I dati sono contenuti nella tabella che segue.
Se invece che 3.058 i prepensionamenti scenderanno a 3mila, in base al costo del lavoro medio annuo dichiarato ufficialmente negli ultimi conti semestrali UniCredit otterrebbe un risparmio a regime di circa 240,5 milioni di euro, spannometricamente parlando euro più, euro meno. Invece i risparmi attesi dall’azienda, e dichiarati ai sindacati, sono pari a 422 milioni di euro. Cioè 181,5 milioni, o meglio il 75,5% in più in più di quelli realizzabili se si trattasse di dipendenti “medi”. Il che ci pone di fronte a uno spinoso dilemma.
Dilemma che proponiamo così: poiché i dipendenti “medi” non sono per nulla retribuiti come i loro colleghi che stanno per andare in pensione, giunti al massimo degli scatti di carriera e di anzianità, possiamo davvero pensare che guadagnino il 75,5% in meno? Cioè che un dipendente giunto al massimo del suo stipendio in UniCredit guadagni in media 141mila euro l’anno? La cifra ci pare effettivamente molto, troppo elevata, anche se immaginiamo che tra i prepensionandi ci siamo condizioni di carriera e di reddito molto elevate.
La possibilità alternativa è che i 422 milioni di euro di risparmi a regime sul fronte del costo del lavoro resteranno un obiettivo non raggiunto, oppure che l’azienda intendesse raggiungere il budget non su 3.000 ma su 4.100 esuberi (ovvero i 4.700 previsti al netto dei 600 “congelati” da Tremonti). Il che “abbasserebbe” il costo unitario medio annuo dei dipendenti prepensionabili a poco meno di 103mila euro, cifra che pare più realistica. Se così fosse, però, il risparmio ottenibile a regime nel 2013 da UniCredit si ridurrebbe di oltre 113 milioni di euro l’anno rispetto ai 422 previsti, fermandosi a quota 309 milioni. La quota di risparmio completa di 422 milioni, prevista da UniCredit, sarebbe raggiunta solo a fine 2015. Sempre che nel frattempo non intervengano fatti nuovi.
Deciderà il mercato a quale versione credere.
(Consulta i post precedenti su UniCredit)

Leggi l’articolo originale su: Nicola Borzi

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