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Berlusconi si occupi del Governo, non dei suoi casi: Sergio Romano sul Corriere

di Marco Benedetto |23 Gennaio 2011 15:20

Sergio Romano scrive sul Corriere della Sera un articolo in prima pagina sulle conseguenze per l’Italia del nuovo scandalo che ha investito Silvio Berlusconi e rende gli italiani “ostaggi di un dramma che non ha nulla a che vedere con i loro problemi di ogni giorno e che appassiona soltanto le fazioni militanti della società politica”.

Romano riconosce a Berlusconi il diritto di difendersi “con le unghie e con i denti”, ma ricorda anche che il governo “ha di fronte a sé un’agenda fitta d’impegni nazionali e internazionali: federalismo, riforma fiscale, rilancio dell’economia, missione militare italiana in Afghanistan, crisi del Maghreb, creazione delle istituzioni europee a cui spetterà il compito di proteggere e rafforzare l’euro”.

Purtroppo per noi, invece di fare il mestiere per cui una parte, una lieve maggioranza, degli italiani, lo ha designato, Berlusconi “ha deciso di scavalcare i magistrati, di anticiparne le mosse e di celebrare un processo in cui l’accusato diventa accusatore, gli inquirenti sono nella gabbia degli imputati, l’intero popolo italiano è chiamato a sedere sui banchi della giuria e tutti i problemi della nazione cedono il passo a un solo problema: la sorte del presidente del Consiglio”.

Questo mette in moto, “nell’opposizione, in una parte della stampa, in una parte crescente della pubblica opinione e naturalmente nella magistratura, una reazione eguale e contraria. Se il premier accusa, gli altri contrattaccano con toni sempre più esasperati” e, cosa molto grave, che Romano rileva, “con un evidente compiacimento”.

Scrive Romano: “Il caso Berlusconi sta producendo conflitti istituzionali che rischiano di modificare i rapporti tra governo, capo dello Stato, presidenti delle Camere e Corte costituzionale”.

Tutti si sentono in dovere di intervenire, non solo in Presidente della Repubblica che ne ha il dovere, ma anche il Papa e il suo segretario di Stato, felici come pasque che un simile canaio distragga l’opinione pubblica cattolica dai drammi che affliggono la gerontocrazia che governa la Chiesa. Non parliamo dei giornali stranieri, che già ci odiano, ci invidiano e ci disprezzano.

Per questo, nota Romano,  “un presidente del Consiglio così apparentemente sensibile alla reputazione dell’Italia nel mondo sembra ignaro del fatto che questo spettacolo sta intaccando l’immagine del Paese e finirà per avere una influenza nefasta sul giudizio dei mercati”.

E conclude: “Berlusconi può ancora interrompere questo circolo vizioso. Deve lasciare ai suoi numerosi avvocati il compito di difenderlo e tornare a Palazzo Chigi per occuparsi di ciò che veramente interessa il Paese. Vuole davvero dimostrare che la sua vita personale è soltanto un affare privato? Lo dimostri facendo a tempo pieno il suo mestiere di uomo pubblico”.

La conclusione è un po’ monca. Manca l’esortazione che Berlusconi si presenti davanti ai suoi giudici.

Ma la lacuna è stata colmata dal ministro della Giustizia Angiolino Alfano, intervistato da Maria Latella su Sky Tg 24: ”Berlusconi non va dai pubblici ministeri ed è una strategia che la legge consente all’indagato”, ma “si recherà invece dai giudici quando la questione dovesse riguardare appunto i giudici e non i pm”.

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