ROMA – Bisturi coreani che ”non tagliano”. Suturatrici cinesi di non garantita qualità. Cateteri che rischiano di rompersi. Nelle sale operatorie italiane si trovano anche queste tipologie di dispositivi medici “a rischio” e la ragione, denuncia il presidente della Società italiana di chirurgia, Gianluigi Melotto, è da ricercarsi nella politica ”dell’acquisto al prezzo più basso spesso perseguita dalle amministrazioni”.
”E’ assurdo pensare – ha sottolineato Melotti in occasione di un seminario sulla sicurezza dei dispositivi medici, promosso dall’Istituto superiore di sanità – che a causa della attuale crisi economica si possa andare a tagliare sul costo dei materiali che si usano negli ospedali: se si acquistano bisturi provenienti dalla Corea, dal prezzo vantaggioso ma che non tagliano come dovrebbero, questo non porta certamente ad un risparmio per il nostro Servizio sanitario nazionale”.
Il problema, ha affermato l’esperto, è che ”in Italia, con il federalismo in Sanità, ci sono in pratica 22 sistemi quante sono le Regioni e le Province Autonome, ed in queste condizioni i controlli diventano difficili”. Ad ogni modo, anche alla luce del recente scandalo delle protesi mammarie francesi Pip a rischio rottura, hanno ricordato gli esperti, l’Unione europea ha avviato una revisione delle normative del settore finalizzata a regole ancora più stringenti in termini di controlli e certificazioni. Le nuova regolamentazione dovrebbe essere pronta entro l’Estate.
Un giro di vite sul fronte dei controlli che, in realtà, l’Italia ha però già attuato da tempo, ha sottolineato il direttore della Direzione generale dispositivi medici del ministero della Salute, Marcella Marletta: ”Ad oggi sono state effettuate oltre 1400 ispezioni nei siti produttivi. Il problema della sicurezza dei prodotti – ha commentato – non riguarda, in generale, i fabbricanti italiani”.