Cgil, il contratto e il nodo Fiat. Dario Di vico e Antonella Baccaro sul Corriere della Sera

Pubblicato il 30 Giugno 2011 - 00:39 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Il giorno dopo la firma sull’accordo unitario sui contratti è quello delle riflessioni e delle analisi. Al centro del dibattito, ovviamente, due punti nodali: il nuovo corso della Cgil, che con la firma del 28 giugno, scrive Dario Di Vico sul Corriere della Sera, si rimette  “al centro della scena ed evitando un ulteriore (e forse decisivo) scivolamento verso il bipolarismo sindacale”, e la questione, delicata, del rapporto tra Fiat e Confindustria. La domanda se la pone, sempre sul Corriere, Antonella Baccaro: “Ma dietro le quinte le inquietudini restano. L’intesa sarà sufficiente a dare una copertura agli accordi di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco, come chiesto ancora due giorni fa dall’azienda torinese? La Fiat resterà in Confindustria?”.

Cgil. Scrive Di Vico: “La Camusso — le va riconosciuto — si è mossa con intelligenza e tempismo”. Eppure, precisa il giornalista:  “L’operazione «rientro» non sarebbe riuscita se la Camusso non avesse trovato la sponda di Emma Marcegaglia, desiderosa di riconquistare quello spazio che l’iniziativa tambureggiante di Sergio Marchionne le aveva oggettivamente limitato. Non si può dire che la Marcegaglia sia vittima del complesso «senza la Cgil non si può» (nel 2009 per l’appunto firmò un accordo separato), però è evidente che, per sensibilità culturale e per storia dell’azienda di famiglia, la presidente è più portata a cercare le intese a tre. In questo caso l’asse Marcegaglia-Camusso ha saputo comunque evitare la trappola della mediazione al ribasso e ha costruito un’intesa dotata di un sua identità”.

A Di Vico, l’accordo firmato martedì piace: ” Anche in tema di contrattazione l’intesa di ieri non chiude al ribasso bensì sostiene l’idea dell’adattabilità degli strumenti negoziali (ad esempio l’orario di lavoro) e quindi evita che i lavoratori percepiscano le deroghe solo come dei peggioramenti della loro condizione. E non invece come un (necessario) raccordo tra cambiamenti del mercato, modifiche dell’organizzazione produttiva ed erogazione della prestazione lavorativa. Perché in fondo la motivazione più calda che ci porta ad applaudire l’accordo interconfederale di ieri sta proprio nel miglioramento delle connessioni tra economia e lavoro”.

Quindi il giornalista individua la sfida che ha davanti la Cgil: “Il sindacato di Roma deve rimettersi in sintonia con le novità che stanno intervenendo sui luoghi di lavoro e che stentano a imporsi nell’agenda delle confederazioni. In questi mesi si sta producendo sul territorio una ricca contrattazione articolata che interessa sia le grandi che le medie aziende. Accordi come quelli raggiunti di recente nel gruppo Eni, alla Barilla e alla Luxottica meritano di essere studiati per le buone pratiche che rappresentano, delineano infatti un nuovo tipo di concertazione che non paralizza le decisioni dell’azienda bensì pone le condizioni per creare un consenso di medio periodo, una visione condivisa degli obiettivi dei rispettivi gruppi”.

Secondo Di Vico è proprio il panorama delle aziende, soprattutto in Lombardia, a richiederlo: “Si affermano soluzioni innovative di welfare aziendale e si negoziano senza remore clausole anti-assenteismo e di aumento della produttività. Come mai la contrattazione in periferia evolve con maggiore rapidità? Forse perché sul territorio ci sono sindacalisti più ferrati e meno condizionati dalle scelte politiche e/o di bandiera? Anche per questi motivi ma non solo. La causa prima risiede nei profondi mutamenti che stanno interessando l’orientamento degli operai. Cambia la contrattazione, dunque, perché muta «il sottostante»”.

Quindi dal Corriere una stoccata al Pd che, dopo aver commissionato un sondaggio sul mondo del lavoro, poco ha fatto per diffonderne i risultati: “Una recente indagine commissionata dal Pd alla Swg (e in verità poco valorizzata dal committente) testimonia come si sia prodotta una drastica deideologizazione del mondo del lavoro e sia nata una prossimità tra azienda e lavoratore che non può più essere ignorata. Gli operai sono soddisfatti del proprio lavoro molto più di quanto si racconti e pensano che di fronte alla Grande Crisi le aziende si sono mosse meglio dei sindacati. Vogliamo parlarne apertamente o lasciamo che di questa indagine si discuta solo a microfoni spenti?”.

La conclusione di Di Vico è inevitabile:  “Ha fatto bene, dunque, la Camusso a togliersi dall’angolo. Ma se si vuole costruire una diversa stagione sindacale è solo la prima mossa”.

Questione Fiat.  Antonella Baccaro parte dalla  presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, e la descrive come  “visibilmente sollevata al termine del pomeriggio che ha condotto all’accordo unitario. Che la que questione della Fiat fosse un punto caldo, spiega la giornalista, lo dimostra il fatto che “è stata spostata a fine scaletta, così come l’altro nodo: la validazione degli accordi firmati dalle rappresentanze sindacali aziendali (Rsa). Il primo punto qualificante dell’accordo attiene alla certificazione della rappresentanza: il numero delle deleghe sarà certificato da Inps e trasmesso al Cnel, tale valore da solo non sarà sufficiente a garantire rappresentatività e dovrà essere «ponderato» con i consensi ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) ogni tre anni. Per essere legittimato a negoziare ciascun sindacato deve presentare un dato che superi il 5% del totale dei lavoratori della categoria”.

La clausola che, nelle intenzioni di Confindustria, salvaguarderebbe Fiat, scrive Baccaro “stabilisce che «in attesa che i rinnovi definiscano la materia nel contratto collettivo», quelli aziendali «conclusi con le rappresentanze sindacali operanti in azienda d’intesa con le organizzazioni sindacali al fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi per favorire lo sviluppo economico e occupazione dell’impresa (vedi quelli della Fiat, ndr), possono definire intese modificative» in tema di prestazione lavorativa, orari e organizzazione del lavoro”.