CIAO POLENTES

Di Daniele Armenta”C’è chi ultras, noi siamo Polentes”. Fu questo lo slogan, da qui ebbe inizio una piccola storia tra il calcio e la passione. Oggi è necessario raccontarla perché Luigi Polentes se n’è andato, a 66 anni. All’improvviso, così com’era arrivato nella Lazio di Tommaso Maestrelli. Aveva due baffi da cosacco, Polentes, “roccioso difensore” nato a Vittorio Veneto. A Roma, nella città del derby eterno, erano frizzi e lazzi per quel cognome. “Magnate polenta”, dicevano sghignazzando i “cugini” giallorossi. Era il 1969. Veniva dal Perugia, Gigi Polentes, a sostituire l’amatissimo Carletto Soldo. Fu accolto con diffidenza, all’inizio. Non se ne curò. Era un uomo di terra, Pola: concreto, serio, cresciuto tra i filari e le zolle.

Fu in quell’anno che segnò il suo unico gol, di naso, contro il Verona. Arrivava per allenarsi al campo di Tor di Quinto con una Mercedes smarmittata, i pantaloni a zampa di elefante e la faccia allegra. “Magnate polenta”. Eppure Gigi con la Lazio giocò otto campionati e con nove presenze entrò nella sporca dozzina del primo scudetto, quello mitico, leggendario del ’73-74.  Polentes magnava polenta ma era campione d’Italia. Per questo noi laziali dell’Unità lo scegliemmo come simbolo per il nostro club. Un eroe marginale, fuori dagli schemi, dai clamori, eppure cruciale. La nostra figurina preferita nell’album delle memorie e della nostalgia.

L’idea venne ad  Antonio Cipriani, giornalista eccellente e penna mirabolante. Un club surreale, il nostro, che sulle tesserine aveva l’aquila di Magritte su uno sfondo avorio, screziato di blu. C’è chi ultras e chi è Polentes. Il club si diffuse in Rete, creammo Lazio.net, sito dedicato a  chi aveva “il cielo per bandiera”. E il 9 gennaio del 2000, per la festa del centenario della Lazio, Pola tornò a Roma. Non riusciva a credere che ci fosse un club in suo onore. Gli regalammo una piccola targa: fu una notte di brindisi e di abbracci, di bruschette e fotografie, di cori e sciarpette biancocelesti. Ci raccontò che con i primi stipendi della Lazio si era comprato una bella camera da letto, di quelle in legno vero, che aveva ancora. Ci raccontò che era tornato a curare la terra e che il suo prosecco era tra i migliori della zona. Un uomo semplice, che si emozionò a fare il giro di campo con un’altra Lazio, quella stellare di Eriksson e Cragnotti.

Altri tempi. Altro calcio, anche. C’è chi ultras e chi è Polentes, chi ha il cielo per bandiera e chi oggi è un po’ più solo. Ciao Gigi.
21 aprile 2011
  FOOTBALL WITHOUT ULTRAS IS NOTHING !

Leggi l’articolo originale su: Ultras Blog

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