Dopo Enna, Nicosia, ecc…Giustizia al Sud: nessuno ci vuole andare e nessuno vuole decidere. Gli avvocati attaccano, magistrati e ministro non vogliono grane

Pubblicato il 29 Settembre 2010 - 11:51 OLTRE 6 MESI FA

Parole e fatti. L’Italia è maestra nell’arte di tenere separate le due cose: l’importante è parlare, fare l’annuncio. Poi è anche consigliabile un bel polverone, magari una bella commissione, da cui viene fuori parecchio fango utilizzabile a futura memoria, ma pochi effetti pratici.

Vale più un bel titolo sul giornale che un fatto concreto. I fatti contano poco e si dimenticano presto. I giornali restano e ora con internet è per sempre.

Prendiamo il tema criminalità e Meridione. Parole, comizi, commissioni, impegni. Tanti. Fatti? I risultati sono noti. Le cause? Tante, certo: mai qualcosa dipende da una sola ragione. Però con questo atteggiamento il rischio è che la palla finisca sempre in fallo laterale e nulla cambi, perché cambiare è fatica.

Una causa certamente determinante è la scarsa presenza dello Stato. Lo dicono tutti, sempre, davanti all’ultima emergenza. Una volta si diceva: discorsi fatti col ciclostile. Oggi si dice: un copia incolla.

In concreto, presenza di Stato vuole dire più forze dell’ordine, assumendo dei parametri nordici di rapporto tra guardie e popolazione. Vuole anche dire più Giustizia, quindi più pubblici ministeri per istruire i processi e giudici per condurli. In agguato c’è sempre, a favore degli imputati, la santa prescrizione.

Abbiamo sott’occhio un esempio clamoroso, da Enna, Sicilia. Il caso si apre l’8 settembre con il grido di dolore del capo della locale Procura, seguito da promesse importanti quanto assolute.

Dopo il silenzio.

Ricostruiamo la storia. Educativa