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Francia e Inghilterra guideranno la guerra di Libia: a noi tirar bombe e accogliere clandestini

di admin |21 Marzo 2011 9:26

NEW YORK – L’impasto di incertezze, sputtanamenti internazionali, gaffes cosmiche, mancanza di rapporti veri e strutturali con gli altri paesi che caratterizza la politica estera italiana sta trascinando questo povero paese a forma di stivale nella situazione più paradossale che si possa pensare.

Infatti, se c’eravamo dentro fin dal primo giorno, nella partecipazione alla guerra alla Libia, ora ci siamo proprio fin sopra i capelli, dopo che quattro dei nostri aerei da combattimento Tornado hanno scaricato missili sugli obiettivi che gli sono stati assegnati.

Per la terza volta in vent’anni gli americani hanno trascinato il mondo in una impresa molto pericolosa e, essendo la terza, anche un po’ dissennata. Ricordiamo che le altre due sono l’intervento in Afghanistan e quello in Iraq, che ci sono costati relativamente pochi morti ma che hanno comportato invece per quella povera gente che avrebbe fatto volentieri a meno della nostra democrazia un bel conto salato in termini di vite umane.

Questa volta però l’Italia non uscirà tanto facilmente, perché dalla Libia alla Sicilia si arriva in canotto e con buona pace di tutti coloro che mettono in pratica la ormai celebre massima di Ricucci possiamo tutti scommettere che tutti quelli che si sentono così portati verso la solidarietà umana di cui altri pagano il conto avrebbero opinioni diverse se abitassero sulle sponde di Lampedusa.

L’Italia è il paese che matematicamente pagherà il prezzo più alto della guerra, pur con tutti i sofismi e i distinguo dei nostri politici, presidente della Repubblica in testa. Come se questo non bastasse, l’Italia sarà anche quella che avrà alla fine più da rimetterci se e quando ci sarà da definire la spartizione del bottino.

La Libia, è bene ricordarlo, è una gigantesca tanica di petrolio, ai cui rubinetti sono agganciati, per ragioni storiche risalenti all’epoca del fascismo e di quando l’Eni si chiamava ancora Agip, i tubi italiani: certamente fa gola a molti e l’entusiasmo con cui inglesi e francesi si sono messi all’opera non può lasciarci tranquilli. Viene da pensare che, al di là di qualche losca ragione di politica interna che accomuna Obama e Sarkozy, al di là di quel tanto di razzismo e anche di viltà perché la Libia è una mosca, paragonata agli altri paesi arabi, nelle motivazioni dell’intervento militare c’è senza dubbio anche il desiderio di entrare in forze nell’approvigionamento del petrolio libico.

Francesi e inglesi hanno messo ora la loro bandiera sull’operazione, mentre noi abbiamo perso tutto il goodwill costruito in anni e anni di lavoro dei vari governi italiani (Berlusconi è bravissimo a prendersi tutti i meriti e a dare un tono da operetta, ma non è solo né tutto suo il merito).

Di noi non si fida più Gheddafi, che probabilmente è un po’ azzardato dare per morto, anche perché proprio domenica il segretario della Difesa americano, Robert Gates, ha detto di essere contrario ad operazioni militari che abbiano come obiettivo quello di colpire Muammar Gheddafi. E di noi non si fidano nemmeno gli americani. Mai si sono fidati, ora meno che mai.

Infatti, proprio domenica sera, il segretario alla Difesa americano, Robert Gates, ha confermato  che gli Stati Uniti sono pronti a fare un passo indietro nella guida delle operazioni militari in corso in Libia, e che ‘non è ancora chiaro’ se la leadership sarà franco-britannica, nell’ambitodi un ‘meccanismo’ della Nato. Gates ha ha fatto alcune dichiarazioni a bordo di un aereo militare in volo verso la Russia. Il segretario alla difesa Usa ha precisato che una decisione al riguardo non è ancora stata presa, ma ha aggiunto anche che potrebbero esservi resistenze da parte dei Paesi della Lega Araba a prendere parte a operazioni militari sotto la bandiera della Nato. .

Gates ha anche precisato che la decisione del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, di appoggiare in modo attivo le operazioni militari in Libia è stata appoggiata ”all’unanimita”’ da tutti i suoi consiglieri, e non vi sono state domande in pubblico che non siano state discusse in privato con il presidente Obama. Gates ha risposto cosi’ indirettamente alle osservazioni sollevate oggi da alcuni esponenti repubblicani, tra cui lo Speaker della Camera, John Boehner, secondo i quali il presidente Obama dovra’ spiegare nel dettaglio la sua decisione di appoggiare attivamente le operazioni in Libia. Prima di annunciare la posizione americana sulla Libia, Obama aveva convocato alla Casa Bianca i capigruppo democratici e repubblicani del Congresso Usa (tra cui lo stesso Boehner), spiegando loro nel dettaglio le ragioni per cui gli Stati Uniti appoggiavano la risoluzione Onu 1973.

Intanto, quelli che chiamano migranti ma sono tecnicamente dei clandestini, a Lampedusa  sono ormai più di quattromila: e altri ne arriveranno nelle prossime ore.

Lampedusa scoppia e sull’isola la situazione e’ sempre piu’ tesa, con il rischio concreto che possa degenerare se lo Stato non trovera’ a breve una soluzione che garantisca, da un lato, condizioni di vita umane alle centinaia di migranti accampanti senza scarpe e con i vestiti inzuppati dall’acqua sulla banchina del porto e, dall’altro, risposte concrete ai lampedusani che da giorni chiedono che si ‘liberi’ il loro territorio. Che sarebbe stata l’ennesima giornata di tensione, lo si era capito fin dalle prime ore del mattino, quando alcune centinaia di abitanti hanno bloccato la banchina commerciale del porto e impedito al traghetto proveniente da Porto Empedocle di attraccare: a bordo della nave c’erano infatti tende e bagni chimici che sarebbero dovuti servire per allestire la tendopoli annunciata nei giorni scorsi dal commissario straordinario Giuseppe Caruso. Ma la popolazione quel campo non lo vuole assolutamente: ”Lampedusa – dicono – non puo’ essere trasformata in un campo profughi a pochi mesi dall’inizio della stagione estiva. Vorrebbe dire condannarci a morte. Gli immigrati devono essere trasferiti nel resto d’Italia”.

Cosi’ per tutta la giornata e’ andato avanti il braccio di ferro tra isolani da un lato e governo dall’altro che, secondo quanto ha raccontato ai concittadini il sindaco Dino De Rubeis, ha fatto la voce grossa: o si scaricano le tende o la nave, con a bordo duecento immigrati – e il pesce dei lampedusani destinato al mercato siciliano – non sarebbe ripartita. Alla fine ha ceduto la popolazione, che ha pero’ consentito lo scarico delle tende solo dopo aver avuto, tramite il sindaco, l’impegno dei ministri Alfano e Brambilla ad organizzare in tempi brevissimi il trasferimento dei migranti e a garantire una serie di compensazioni agli isolani. Ed in ogni caso, ha assicurato De Rubeis agli abitanti, la tendopoli non si fara’. Il prefetto Caruso ha poi annunciato che il ministro Maroni ha convocato per martedi’ al Viminale i rappresentanti di Regioni, Province e Comuni affinche’ diano una disponibilita’ ”concreta e immediata” di luoghi dove ospitare gli immigrati. Appena l’avra’ ottenuta, ha assicurato, verra’ organizzato un trasferimento ”massiccio” dei migranti, anche con la nave della Marina che dovrebbe arrivare nelle prossime ore. Al momento pero’ di tutto cio’ non c’e’ nulla e a fare le spese di questo balletto di annunci e promesse sono soprattutto le centinaia di immigrati gia’ presenti sull’isola e quelli sbarcati oggi: ne sono arrivati quasi settecento, e almeno altri duecento dovrebbero approdare nella notte.

Poco piu’ di trecento, invece, quelli partiti con due aerei e con il traghetto per Porto Empedocle. Alla fine dunque sono piu’ di quattromila quelli ancora sull’isola. Piu’ della meta’, e sono i piu’ fortunati, si trovano nel Centro di accoglienza, che puo’ contenerne 850. Le condizioni di vita sono al limite ma sono comunque piu’ dignitose di quelle in cui sono costretti a vivere le centinaia di migranti accampati sul molo davanti alla stazione marittima: senza bagni, senza possibilita’ di lavarsi, stipati in un’unico grande stanzone o al riparo sotto i camion parcheggiati sulla banchina, con i vestiti bagnati dall’acqua di mare e dalla pioggia, senza scarpe. I volontari delle associazioni umanitarie e le forze dell’ordine fanno quello che possono, ma ormai e’ chiaro a tutti che non ci sono piu’ posti, sono finite anche le coperte e i vestiti. ”L’assenza del governo e’ grave – ha scritto il parroco Don Stefano Nastasi, dicendo parole che tutti sull’isola pensano – nonostante la popolazione abbia bisogno di risposte concrete e di una sua presenza forte”. E rivolgendosi al presidente della repubblica Giorgio Napolitano ha aggiunto: ”oggi avvertiamo che l’Italia non e’ unita ne’ unica. Siamo soli”.

Parole condivise dal sindaco De Rubeis. ”L’atteggiamento dello Stato e’ vergognoso – ha detto – l’Italia sta consentendo che queste migliaia di immigrati vengano trattati come bestie, obbligati a dormire sotto l’acqua. Tutta l’Italia dovrebbe vergognarsi”. E di vergogna parlano anche gli immigrati che chiedono soltanto di poter lasciare l’isola e raggiungere i propri amici o parenti nel resto dell’Europa. Ma e’ una vergogna diversa: ”non mi riprendere – dice uno di loro – non voglio che mia madre mi veda in queste condizioni”. .

Potrà andare solo peggio, ora che siamo entrati in pieno nell’azione militare. Alle 20 di domenica 20 dall’aeroporto di Trapani Birgi è decollata la prima coppia di Tornado ECR italiani, cui ne sono seguiti un terzo e un quarto. E infine gli ultimi due, una coppia di Tornado Ids che non fa parte del gruppo di otto aeroplani messo a disposizione dell’Italia, ma il cui impiego, in questo caso, è stato solo quello del rifornimento in volo degli altri velivoli.

Così hanno avuto inizio i raid italiani sulla Libia per quella che in gergo si chiama Sead, vale a dire la ”soppressione delle difese aeree nemiche”.

La missione si è conclusa poco prima delle 22.40, è durata poco più di due ore e mezza: ”tutto bene, tutto come previsto. I target sono stati colpiti”, hanno detto alla base. Intorno alle 21.20 erano rientrati alla base, subito dopo aver effettuato il rifornimento, i due Tornado Ids, che non sono entrati in teatro di operazioni.

Una nota dello Stato maggiore della Difesa spiega che “i sei caccia Tornado dell’Aeronautica Militare decollati dall’aeroporto di Trapani Birgi questa sera per condurre operazioni sul territorio libico sono rientrati nella base siciliana”.

Afferma lo Stato maggiore: “I caccia ECR hanno portato a termine la loro missione di soppressione delle difese aeree presenti sul territorio libico (in gergo tecnico dette SEAD – Suppression of Enemy Air Defense) che viene condotta mediante l’impiego di missili aria-superficie AGM-88 HARM (High-speed Anti Radiation Missile)”.

L’operazione è stata “iniziata alle 20:00 con il decollo del primo caccia ed è terminata alle 22:20 con l’atterraggio dell’ultimo velivolo della formazione”.

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