Una “marijuana naturale” contro l’incontinenza urinaria femminile

Pubblicato il 18 Ottobre 2011 - 00:30 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Nel nostro organismo c’è una sorta di “marijuana naturale” che, stimolata nel modo giusto, può aprire la strada a un farmaco contro l’incontinenza. Lo hanno scoperto i ricercatori del Istituto di ricerca per l’urologia (URI) del San Raffaele di Milano, dimostrando che manipolando un particolare enzima capace di metabolizzare i cannabinoidi naturali dell’organismo si ottiene un importante effetto anti-incontinenza.

Questi endocannabinoidi sono presenti nella vescica femminile, sia umana che di topo, e funzionano in modo simile a quelli assunti dall’esterno come la marijuana. Lo studio, pubblicato su European Urology, è stato condotto in collaborazione con l’Università di Monaco (Germania) e di Linkoping (Svezia). La ricerca ha scoperto anche che bloccare questo enzima, nei topi, è più efficace nel trattare l’incontinenza rispetto alla somministrazione di cannabinoidi tramite farmaci, minimizzando anche gli effetti collaterali.

«È noto da tempo – spiegano gli studiosi – che alcuni pazienti, in particolare coloro che soffrono anche di sclerosi multipla, riferiscono un miglioramento dei sintomi d’incontinenza dopo l’utilizzo di marijuana, una particolare forma di ‘cannabis’. L’organismo animale e umano produce autonomamente molecole simili ai cannabinoidi: il ruolo di queste sostanze è fonte di numerosissimi studi soprattutto nel campo della modulazione del dolore e della risposta infiammatoria».

L’incontinenza urinaria riguarda milioni di donne in tutto il mondo, con un forte impatto sulla loro qualità della vita. In Italia si stima che circa il 13% della popolazione femminile ne soffra, e che aumenti con l’aumentare dell’età: ne sono affette più del 20% delle donne dopo i 60 anni e circa il 7% delle donne sotto i 30 anni.

«Il risultato della nostra ricerca, sebbene ancora preliminare – conclude Francesco Montorsi, professore di urologia al San Raffaele e coordinatore dello studio – apre la strada allo sviluppo di farmaci che, inibendo l’azione dell’enzima, potranno aiutare tante pazienti a vincere l’incontinenza urinaria e a recuperare una buona qualità di vita».