La tubercolosi? Rischi più a Londra che in India

LONDRA – Pareva sconfitta dal progresso e dalla storia. E invece la tubercolosi in Gran Bretagna ha rialzato il capo, specialmente nei quartieri poveri delle grandi città piagati da sporcizia, edilizia sociale scadente e sovrappopolazione. Londra, in particolar modo, nasconde al suo interno sacche dove la probabilità che un bambino si ammali di tubercolosi ha percentuali da terzo mondo.

Tanto è vero che dal prossimo anno partirà un'operazione di vaccinazione di massa: tutti i bimbi della capitale saranno infatti sottoposti a iniezioni preventive. ''Se si chiede al cosiddetto uomo della strada cosa ne pensa della tubercolosi la risposta standard è che non sia più un problema, che si tratti di una malattia sconfitta. Ma non lo è, e l'opinione pubblica deve esserne a conoscenza'', ha detto al Times Onn Min Kon, consulente del St Mary Hospital nonché del piano vaccinazione del comune.

''Il rischio di contagio – ha proseguito – è basso ma ci sono alcuni rioni di Londra dove la tubercolosi si può definire endemica: le percentuali sono più alte che in alcune zone del subcontinente indiano''. Altre roccaforti della malattia – comune ai tempi della regina Vittoria – sono Birmingham, Leeds e Leicester. I capi dell'NHS, il servizio sanitario pubblico britannico, hanno ammesso che la situazione ''non è sotto controllo''. I dati d'altra parte parlano chiaro: il numero dei casi accertati è aumentato del 50% rispetto a 10 anni fa. Il vaccino in età scolare era stato abolito nel 2005 perché ritenuto ormai inutile.

La soglia al di sopra della quale è considerato necessario ammonta a 40 casi ogni 100mila abitanti. ''Tutta Londra eccede i limiti'', lamenta Onn Min Kon. ''Noi crediamo che i confini stabiliti nei vari quartieri siano artificiali e che sia molto più pragmatico vaccinare tutti''. Anche perché, come sostiene Alimuddin Zumla, direttore del Centro per le malattie infettive dell'University College London Medical School, i numeri accertati rischiano di essere solo ''la cima dell'iceberg'' e che i casi reali siano tre o quattro volte più alti- ''I segnali ci sono tutti'', dice. ''Dobbiamo agire subito''. Secondo Zumla, infatti, il fatto che la tubercolosi si manifesti il 73% delle volte in persone nate all'estero non vuol dire nulla: ''I migranti non sono responsabili di questo aumento. E' possibile che abbiano contratto il virus altrove ma sono le condizioni di vita a cui sono esposti nel Regno Unito che fa esplodere la malattia''.

Nel solo 2009 – riporta la Health Protection Agency – i casi accertati furono 9.040 e circa 300 persone muoiono ogni anno in Gran Bretagna a causa della tubercolosi.

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