Libia: la fine di Gheddafi non è un “buon affare” per l’Italia

Berlusconi con Gheddafi (foto Lapresse)

Dalla crisi della Libia e da un cambio alla guida di Tripoli può venirne fuori un “tesoretto” per l’Italia? E’ quello che si chiede un lettore del Corriere della Sera. Venendo meno Gheddafi, infatti, verrebbe meno anche l’accordo con la Libia la cui applicazione sarebbe costata al nostro Paese 5 miliardi di euro. Fra gli oneri, per esempio, ci sarebbe la costruzione di un’autostrada di 1.800 km.

No, non ne verrà fuori un tesoretto e non sarà un affare l’eventuale caduta del raìs, spiega Sergio Romano. Che anzi parla di “lucro cessante” per l’Italia. Tradotto: Gheddafi conveniva e converrebbe ancora. Ecco quello che l’ambasciatore mette in fila come un “elenco di buone ragioni”:

– Conviene ricordare anzitutto che la costruzione dell’autostrada è un impegno «bipartisan». Come ricorda una ricercatrice di Oxford, Emanuela Paoletti, in un libro apparso recentemente («The Migration of Power and North-South Inequalities. The case of Italy and Libya», la migrazione del potere e le ineguaglianze Nord-Sud. Il caso dell’Italia e della Libia, ed. Palgrave Macmillan), l’impegno fu preso dal secondo governo Berlusconi, ma confermato da Romano Prodi e Massimo D’Alema nel 2007.

– Gli indennizzi previsti dal trattato di Bengasi dell’agosto 2008 (cinque miliardi di dollari su un periodo di venti anni) non provengono, in sostanza, dalle casse dello Stato, ma dall’Eni che ha accettato, per conservare in Libia una posizione dominante, di sobbarcarsi il carico di una imposta speciale. Non basta. Dopo la firma dell’accordo, la Libia si è servita del suo fondo sovrano per alcuni importanti investimenti italiani (Unicredit, Eni) e, come scrive Emanuela Paoletti, ha messo undici miliardi di euro a disposizione di aziende italiane che desideravano investire in Libia. I lavori per la costruzione dell’autostrada, in particolare, sarebbero stati appaltati in buona parte ad aziende italiane.

-Fu certamente giusto manifestare preoccupazione per il modo in cui la Libia trattava i clandestini respinti dall’Italia. Ma il numero degli arrivi irregolari provenienti dalle coste libiche è sceso, nel 2009, del 90%. Il Paese di Gheddafi è una delle principali rotte di transito per gli africani a sud del Sahara. Nei prossimi mesi il controllo dell’immigrazione clandestina senza la collaborazione libica sarà più difficile e costoso.

Compiacersi della crisi del regime del colonnello è comprensibile. Pensare che questo avvenga senza molti inconvenienti per l’Italia, no.

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