“Meglio un lodo che un processo”, Michele Ainis sul ‘Sole 24 Ore’

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Silvio Berlusconi

Meglio un lodo oggi che un processo domani e meglio ancora: meglio un’ancora di salvataggio per il premier ora, una legge veramente ad personam, piuttosto di una norma che mandi al macero centinaia di processi “ordinari”. Questa la posizione di Michele Ainis che sul ‘Sole 24 Ore’ analizza la questione giustizia e parte da un assunto: ciò che importa al governo ora è portare a casa una legge che possa mettere Silvio Berlusconi al riparo dai suoi processi (Mills e Mediaset in primo luogo). Danno per assodato questo, è il ragionamento di Ainis, facciamo fare questa legge che salvi (solo) Berlusconi e non danneggi gli italiani, e così il governo, “sollevato” da questa preoccupazione, potrà finalmente (forse) iniziare ad occuparsi dei problemi veri.

«Niente da fare – scrive Ainis – per la maggioranza la priorità in questo momento è un’altra. E allora affrontiamola con un’economia del danno, con la dottrina del male minore che fu cara tanto a Spinoza quanto a Sant’Agostino. Dopo aver risolto i propri guai, forse possiamo sperare che la politica s’occuperà pure dei nostri guai con la giustizia. Ma in che modo la legge può forgiare un nuovo scudo processuale per il presidente del Consiglio? A occhio e croce, le soluzioni sono due. C’è da un lato il lodo Alfano, però approvato questa volta con legge costituzionale, che ieri in commissione ha fatto il primo passo con tanto di retroattività; dall’altro lato c’è il processo breve, rilanciato giorni fa da Berlusconi e che, prima o poi, di passi in avanti potrebbe farne tre. Anche perché a condurlo in porto basta una leggina, senza il doppio andirivieni fra camera e senato imposto dalla procedura di revisione costituzionale».

«Diciamolo allora senza troppi giri di parole: meglio salvarne uno che ammazzarne cento. Meglio graziare il presidente del consiglio che infliggere un colpo di grazia alla giustizia. Il processo breve (corredato da una norma transitoria che impedirebbe ogni sentenza di condanna contro Berlusconi) mette una tagliola di sei anni e mezzo sulla durata dei procedimenti giudiziari. In astratto è un termine fin troppo ragionevole, nel concreto della (in)giustizia italiana equivale a una carneficina giudiziaria».

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