Tale madre, tale figlia. Ecco perché, nostro malgrado, finiamo per assomigliare alla mamma

Pare non ci sia scampo: presto o tardi finiamo tutti per assomigliare a nostra madre. Non tanto nell’aspetto fisico, quanto nei modi, nei toni e nei comportamenti, che a un certo punto ci rendiamo conto di avere assimilato, anche contro la nostra volontà.

Psicologi, linguisti e scrittori hanno partorito numerose teorie per spiegare quello che sembra un ineluttabile destino, soprattutto per le donne. Scrive Katherine Rosman in “If you knew Suzy: a mother, a daughter, a reporter’s notebook”: «Quando ero giovane, pensavo spesso che mia madre fosse una grandissima stronza Ma ora che sono una mamma capisco che il termine è necessariamente sinonimo di stronza, almeno in alcune occasioni. Non avrei mai pensato di perdere la pazienza per cose stupide (come ad esempio quando mio figlio fa i capricci perché non gli compro le caramelle al supermercato). Ma eccomi qua, di fronte al carrello, a aggredirlo come una tartaruga stizzita».

La psicologa Roni Cohen-Sandler, autrice di “I’m not mad, I just hate you! A new understanding of mother-daughter conflict”, sostiene che l’esperienza sia universale, almeno nel mondo femminile: «Ci capita di assomigliare a nostra madre e, nel contempo, di inorridire al solo pensiero». Questo perché, secondo Cohen-Sandler, «le cose che ci infastidivano erano tendenze che vedevamo anche in noi stesse».

Più semplice e intuitiva è la teoria di Mia Fontaine, coautrice (insieme alla madre) di “Come back: a mother and daughter’s journey through hell and back”: «Pensiamo così spesso e intensamente alle cose che ci infastidiscono da interiorizzarle, nostro malgrado, dal punto di vista neurologico».

Secondo la linguista Deborah Tannen, autrice di “Ma guarda come ti vesti! Le parole tra madre e figlia”, le mamme sarebbero, invece, il termine di paragone delle figlie, nonostante le critiche e i dissapori. Il loro rigetto nei confronti di abitudini e espressioni materne nasconderebbe, in realtà, la paura di crescere e di invecchiare, più che una vera e propria avversione nei confronti del modello parentale.

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