Niente medicine agli atleti sani: sentenza della Cassazione

ROMA, 25 AGO – Anche se non porta alla condanna disciplinare per doping, arriva lo stesso la 'punizione' – prevista sempre dal Codice deontologico – per il medico che prescrive farmaci agli atleti sani non per fargli vincere una gara ma al solo fine di far loro recuperare il tono fisico ed assicurargli, così, il posto in squadra. Lo sottolinea la Cassazione – con la sentenza 17496 – che ha confermato il verdetto di quattro mesi di sospensione dall'attività medica per un camice bianco di Rimini, Vittorio Emanuele B., così come deciso, nel 2005, dalla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.

Senza successo il dottore ha sostenuto che "il recupero del tono atletico era obiettivo in linea con la tutela della salute psicofisica dello sportivo e che una delle funzioni della medicina dello sport è il miglioramento delle performances dell'atleta". Ad avviso dei supremi giudici, che hanno concordato con quanto stabilito dal 'tribunale dei medici', il mancato collegamento della terapia prescritta con un evento di tipo agonistico, fa' venir meno "l'addebito relativo al doping", ma non la violazione delle norme deontologiche che non consentono "l'esclusiva finalizzazione della terapia prescritta al recupero di un posto in squadra".

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