I 50 anni della pillola, il ginecologo Vittori: “Una piccola rivoluzione, ma vanno valutati gli effetti sulla fecondità”

Pubblicato il 19 Agosto 2010 - 21:19 OLTRE 6 MESI FA

Cinquant’anni fa, negli Stati Uniti, veniva commercializzata la prima pillola anticoncezionale. “Sicuramente una grande conquista per la scienza e per la donna, che con la contraccezione volontaria è stata messa in grado di pianificare le gravidanze. Ma si tratta di una tecnica scientifica che non ha mai avuto pari nella storia, i cui effetti sull’evoluzione biologica della specie umana non sono ancora stati determinati”. Lo afferma Giorgio Vittori, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo).

Un farmaco dedicato alle donne, dunque, ma che inevitabilmente ha influenzato il modo in cui il ‘gentil sesso’ sceglie di avere dei figli. “Attualmente in Europa il tasso di fecondità è di 1,38, mentre nel nostro Paese è ancora più basso, circa di 1,32 – dice l’esperto all’Adnkronos Salute – e bisogna considerare che la storia mostra che al di sotto di 2,11 una civiltà è destinata a scomparire. Non ci sono dati che mostrano la possibilità, per un popolo, di ‘rigenerarsi’ al di sotto di un tasso pari all’1,8”, avverte lo specialista.

“È chiaro, quindi, che la pillola avrà degli effetti non solo medici, ma anche epidemiologici. In questo momento – aggiunge Vittori – l’Italia ha una delle popolazioni più ‘anziane’ del mondo e non c’è flusso di rigenerazione, se non quello assicurato dagli immigrati, che concepiscono il 12,5% dei bambini che nascono nel nostro Paese”. “L’età media al primo figlio delle donne residenti – prosegue il ginecologo – è arrivata a 35 anni. E i problemi di infertilità vengono risolti sono in minima parte dalle tecniche di procreazione medicalmente assistita: si parla del 10, massimo 15%”.

Insomma, “ormai le ragazze scelgono di fare un figlio solo se ‘messe al murò dal loro orologio biologico. Ma ‘tirarè fino all’ultimo, chiedendo a un ‘motore’ che ha iniziato a funzionare all’età di 14-15 anni di fare un figlio, significa troppo spesso passare dalla gioia di aver preso la decisione all’angoscia di non poter arrivare a raggiungere il proprio obiettivo». Dunque la contraccezione ormonale potrebbe avere avuto un ruolo di primo piano, pur non ancora quantificabile, secondo Vittori, nell’abbassamento del tasso di fecondità italiano. “Le conseguenze demografiche, sociali ed economiche della contraccezione orale dovranno essere oggetto di valutazione – conclude – e questa analisi sarà strategica per guardare al futuro nella giusta direzione”.