Sempre più neonati a rischio per la crisi

ROMA – Fino al 2% dei neonati è a ‘rischio sociale’, cioè potrebbe non ricevere le risorse morali e materiali necessarie a uno sviluppo adeguato. Il dato è stato presentato al convegno delle unità di Terapia Intensiva Neonatale del Lazio, e secondo gli esperti potrebbe essere destinato a peggiorare con la crisi economica. “Le situazioni di rischio sono rappresentate da una serie di condizioni critiche – spiega Mario De Curtis, che presiede il convegno – madri di età inferiore a 16 anni, tossicodipendenti, genitori con disturbi psichiatrici, madri detenute. In futuro questa percentuale, che abbiamo osservato al Policlinico Umberto I di Roma potrebbe aumentare a causa della crisi economica, che porta a stress familiare, e già si osservano problemi maggiori nelle madri immigrate”. Negli ultimi 5 anni al Policlinico Umberto I si sono avuti 23 neonati abbandonati alla nascita, 42 figli di madri tossicodipendenti, 30 neonati collocati in casa famiglia. Nel comune di Roma si hanno ogni anno circa 40 casi di neonati figli di madre che non consente di essere nominata, che in Italia sono invece 350-400.

Al problema dei neonati a rischio sociale si affianca in corsia anche quello di quelli estremamente pretermine, nati cioè prima della settimana 26 di gravidanza: in Italia, dove ogni anno nascono circa 570 mila neonati, si hanno 1000-1500 neonati piccolissimi: “L’assistenza di questi bambini continua a porre molti problemi da un punto di vista medico, ma soprattutto etico – spiega De Curtis – perché la loro prognosi non è sempre favorevole”. Secondo i dati presentati al convegno da Kate Costeloe, Presidente dei neonatologi del Regno Unito, la sopravvivenza di questi bimbi è del 53%, ma il 45% ha una disabilità cognitiva grave o moderata: “In Olanda sotto le 26 settimane il neonato non viene rianimato – spiega De Curtis – noi preferiamo piuttosto una cura individuale, senza accanimento terapeutico ma senza abbandonare i piccoli”.

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