ARIZONA – Il trasferimento di feci da un individuo sano nel colon di una persona malata. E’ il trapianto fecale, un’idea sicuramente poco convenzionale messa in pratica dal professor Brandt per combattere un caso difficile di infezione da Clostridium, che non guariva con una “normale” terapia antibiotica. Questo trapianto potrebbe infatti salvare la vita a Jerry Grant, 33 anni, dell’Arizona, gravemente malato e con frequenti perdite di sangue dal retto.
L’idea, risalente al 1999, balenò nella mente del Professor Brandt quando una signora si presentò nel suo studio a causa di una diarrea ricorrente dovuta a un’infezione che le aveva fatto spendere in medicinali 17.000 dollari senza trarne alcun beneficio. Egli allora pensò che la terapia migliore sarebbe stata, dato che gli antibiotici le avevano ormai modificato la flora intestinale, quella di ridarle indietro una flora intestinale sana.
Tramite un colonscopio Brandt depositò così a distanza di dieci centimetri circa, duecento millilitri di soluzione contenente le feci del marito, lungo tutta la lunghezza del suo colon. Passarono solo sei ore dal trapianto e la signora rivelò che non si era sentita così bene da oltre un anno.
Altri, nel mondo, hanno praticato negli anni il trapianto fecale. Se il primo trapianto risale al 1958, solo negli anni ’80 questa procedura ha cominciato ad acquisire una certa popolarità. Da allora diversi lavori hanno dimostrato il successo terapeutico dei trapianti fecali, anche se non mancano le polemiche, soprattutto per quanto concerne la sicurezza della tecnica in termini di trasmissione di malattie.
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