La sospirata proroga del decreto Tremonti Ter, ossia gli sconti alle imprese per investire in nuovi strumenti, ci restituisce una storia dai contorni molti italiani, come risulta dall’articolo di Franco Morganti sul Corriere della Sera del 6 luglio. La legge è scaduta il 30 giugno ma le imprese quelle detrazioni le reclamano con forza: consentono di dedurre dal reddito Irpef o Ires il 50% della spesa sostenuta per acquistare macchine e attrezzature nuove. Giusto, regolare, condivisibile: l’aggiornamento tecnologico va sostenuto anche in tempi di crisi di bilancio.
Però…Però ecco l’elenco di queste “innovazioni tecnologiche” di cui ogni azienda dovrebbe dotarsi per essere più efficiente. Computer, lavagne digitali o smartphone? Assolutamente no. Macchine da scrivere, piuttosto. E anche calcolatrici, affrancatrici, temperamatite, lavagne (quelle dotate di gessetto, non quelle digitali). Praticamente è l’immagine di un ufficio uscito dai film di Fantozzi, rimasto ancorato agli anni Ottanta, quando sui tavoli delle segretarie (dattilografe, pardon) c’erano i bloc notes e i portamatite, non i pc.
E poi bilance per uso domestico e falciatrici, lettini per abbronzatura e altalene. Questi gli “strumenti” che la rinnovata Tremonti ter rifinanzierebbe. Perchè è una storia purtroppo “italiana”? Perchè parte rilevante in commedia ha la burocrazia e l’inerzia legislativa, cioè l’incapacità cronica di adeguare un testo di legge alla realtà. E parte in commedia ha purtroppo anche “l’astuzia” italiana, quelle delle aziende che chiedono comunque: non ci sono le agevolazioni fiscali sugli strumenti informatici? Ci prendiamo quelli sui temperamatite, ci arrangiamo. Una “mancia” è meglio di niente. Sic transita la spesa pubblica e sic transit la produttività italiana.
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