Più trasparenza? Mariàs e Umberto Eco: “L’ipocrisia è un segno di civiltà”

Julian Assange, patron di Wikileaks

Dopo la diffusione dei dispacci di Wikileaks è necessario porsi una domanda: è possibile una società trasparente? Sull’argomento, come documenta Elisabetta Rosaspina sul Corriere della Sera, ne hanno discusso due grandi autori come Javier Mariàs e Umberto Eco. Entrambi sono arrivati alla stessa conclusione: l’ipocrisia è, in qualche modo, un segno di civiltà. In questo senso in un mondo civile anche il “non detto” ha un suo ruolo fondamentale.

“Attenzione – dice Mariàs – L’ipocrisia, la doppiezza, formano parte dell’educazione; di più, della civiltà. Se ci fosse una trasparenza generale, ci sarebbero molti più omicidi. Tutti parliamo male ogni tanto di tutti, quando non sono presenti, perfino delle persone che amiamo” . Eco sottoscrive: “Io non dico: non vengo a cenare con te perché sei noioso. Dico: non vengo perché ho un impegno” .

“La rottura del ‘patto dell’ipocrisia’  – dice Eco – un ‘patto sociale fondamentale’, inaugura un’era virtuale dell’informazione dove tutto è più vulnerabile e fragile. Alla fine dovremo trovare altre forme di confidenzialità. Ma quali?” . Un mondo senza segreti per legge, di cui — secondo Marías — sarebbero i governi ad avvantaggiarsi, intrufolandosi nella vita dei cittadini, piuttosto che l’inverso. Mentre Eco riflette su due scenari possibili: in uno prevale la classe informatizzata, nell’altro quella proletaria. Solo nel primo caso, ragiona, la censura smetterebbe di funzionare. Forse.

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