Archivio Vasari venduto a dei russi per 150 milioni di euro. Infuria la polemica

Giorgio Vasari
Giorgio Vasari

Una tempesta infuria in Toscana e ha assunto proporzioni nazionali. Nasce dalla decisione degli ultimi proprietari del cosiddetto archivio Vasari, cioè l’archivio che conserva carte e documenti del pittore, architetto, protostorico dell’arte Giorgio Vasari, di vendere tutto a dei russi per la vertiginosa somma di 150 milioni di euro.

Come prevede la legge, gli attuali proprietari hanno scritto alle autorità interessate, in primo luogo alla Sovrintendenza dei beni  culturali della Toscana, competente per territorio. Come prevede la legge, lo Stato italiano ha un diritto di prelazione: può comprare il bene vincolato e in procinto di essere venduto, per la stessa cifra.

L’Archivio di Giorgio Vasari, custodito in una cassaforte all’interno di Casa Vasari ad Arezzo, è composto da 31 ‘filze’ che contengono materiale documentale redatto da Vasari stesso. Tra il materiale si possono trovare lettere, alcune scritte a Michelangelo e Cosimo I, contratti, carteggi, scritti privati. Tutto è stato restaurato dalla Soprintendenza archivistica Toscana e conservato in una cassaforte che si trova all’interno di Casa del Vasari, ad Arezzo. Le carte furono scoperte nel 1908 dal direttore del Museo nazionale del Bargello quando erano già in possesso, per asse ereditario, del conte Luciano Rasponi Spinelli che cedette il diritto di pubblicazione allo studioso tedesco Frey dietro pagamento di 35 mila marchi d’oro.

Intanto, l’archivio era già materia del contendere: la Pia Fraternita dei Laici di Arezzo, erede universale dei beni immobili del Vasari, rivendicava la proprietà delle carte ma Rasponi Spinelli si opponeva, tanto che il direttore del Museo del Bargello vincolò le carte “per l’importante interesse storico”. Tante e tali furono le polemiche che il conte Rasponi Spinelli le affidò in ‘deposito perpetuo’ al Comune di Arezzo.

Era il 1921: Spinelli si tenne tre filze delle quali si perse ogni notizia fino al 1988, quando ‘riemersero’ alla Beinecke Library dell’Università di Yale (New York) alla quale l’aveva vendute un facoltoso, e sconosciuto, antiquario svizzero. Muore Rasponi Spinelli e le carte del Vasari passano alla sorella, Flora Romano Rasponi Spinelli di cui era nipote e tutore Giovanni Festari, che eredita l’archivio quando muore la zia. Quindi, attualmente, le carte del Vasari, custodite in casa Vasari, sono di proprietà degli eredi di Giovanni Festari, morto recentemente. Vincolato dal ministero dei Beni culturali su relazione tecnica della Soprintendenza toscana nel 1994, l’archivio torna a essere protagonista di una causa civile intentata da Giovanni Festari che ne chiedeva la restituzione e l’annullamento del ‘deposito perpetuo’ disposto nel 1921.

La Corte d’appello di Firenze revocò il deposito perpetuo restituendo le carte a Festari. Le carte però, essendo vincolate, sono rimaste conservate nella Casa del Vasari, che è di proprietà del comune di Arezzo. In sostanza, Festari ne è il proprietario ma non le ‘possiede’. Un anno fa le carte sono state pignorate su istanza di un istituto di credito: il giudice per l’esecuzione ne ordinò quindi la vendita affidandole alla casa d’aste Bloomsbury di Roma. Ma i Festari riuscirono a saldare i propri debiti e a riprendersi le carte che poi hanno messo in vendita trovando subito gli acquirenti: una holding russa, con sede a Mosca, che ha offerto 150 milioni di euro, 148 milioni in più rispetto alla stima peritale. Una offerta alla quale i Festari non vogliono rinunciare ma che sta incuriosendo tutti.

Naturalmente si è scatenato il finimondo, anche perché nell’era di internet le dichiarazioni non costano nemmeno più il foglio di carta su cui una volta erano scritte.

Ecco alcuni esempi. Riferisce l’agenzia Adn Kronos che il presidente della Provincia di Arezzo, Roberto Vasai (non è un errore di scrittura), ha detto: “Un territorio non può vendere la propria storia, e nemmeno comprarla. Gli appartiene e basta. Condivido appieno lo sdegno espresso dal sindaco della città di Arezzo, Giuseppe Fanfani, eappoggio in pieno le iniziative che ha intrapreso per evitare questa autentica vergogna non solo per la città e per la Provincia di Arezzo, ma per l’intero paese”.

Roberto Formigoni, presidente della regione Lombardia: “Se la notizia fosse vera, sarebbe assolutamente sorprendente. Capisco bene che gestire il patrimonio culturale è qualcosa di impegnativo ed anche costoso, ma è il nostro giacimento di petrolio. I beni materiali e le opere che lo esprimono, sono il nostro vero petrolio destinato a non esaurirsi mai”.

Ermete Realacci, ambientalista, esponente del Pd: “Vendere l’archivio del Vasari è un paradosso, è un modo becero e sciatto di gestire il nostro patrimonio culturale, è un’ offesa nei confronti di quegli italiani che credono che i beni storico artistici dell’Italia siano inalienabili e un capitale di inestimabile valore non solo per quello che rappresentano in sé, ma su cui puntare per rilanciare il nostro futuro”. Per Realacci, “ha pienamente ragione il Sindaco di Arezzo Fanfani a chiedere l’intervento del Governo perché questo patrimonio della sua città e dell’Italia non passi in mani straniere”.

Paola Pellegrini, responsabile nazionale cultura per il Pdci, chiede che il ministro dei Beni Culturali “esca dal recinto del burocratese e impedisca che l’archivio del Vasari venga ‘svenduto’ a stranieri: sarebbe come svendere il Colosseo. La Cultura non ha prezzo  e l’archivio, che tra l’altro contiene 31 filze di documenti, molti dei quali autografati da Vasari, e lettere tra cui spicca il carteggio con Michelangelo, nonché corrispondenze epistolari con i Papi del tempo, ha un valore inestimabile e inalienabile”. L’archivio, ribadisce Pellegrini, “deve rimanere in Italia. Come Pdci faremo di tutto per impedire che si compia questo violento, rozzo e nefando mercanteggiamento culturale. Invitiamo Bondi a fare le barricate e a bloccare nei fatti questa operazione”.

Non poteva mancare l’ex ministro ai Beni culturali Giovanna Melandri. Dice: il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, “non resti inerte” e “intervenga immediatamente” per evitare la perdita dell’archivio di Giorgio Vasari. “La notizia della vendita desta grave preoccupazione ed allarme. Fondamentale è intervenire immediatamente per evitare che si verifichi una simile perdita”. Forse, “se Bondi cessasse per un attimo di pensare alle candidature per le regionali e tornasse a fare il ministro, potrebbe risparmiare all’Italia e alla cultura italiana l’ennesimo colpo mortale”.

Né poteva mancare la procura della Repubblica. Riferisce l’Ansa che l’operazione di vendita dell’ Archivio del Vasari a una holding russa è al centro di un’informativa che la sovrintendenza archivistica per la Toscana ha inviato alla Procura della Repubblica di Roma, competente in materia di Beni culturali. Lo ha confermato la sovrintendente Diana Toccafondi. “La sovrintendenza – ha detto Toccafondi – ha sempre tutelato l’archivio Vasari contro certi appetiti non coerenti. E’ stata infatti la sovrintendenza a sollecitare inviando una relazione tecnica e ottenere dal Mbac nel 1994 il vincolo pertinenziale. La proprietà fece ricorso contro quel vincolo e perse”. Toccafondi ricorda quanto lavoro è stato fatto a tutela dell’archivio, fino al restauro – completamente a spese dello Stato – delle carte del Vasari e della stanza dove si trova la cassaforte che contiene i faldoni e di una stanza destinata a saletta di consultazione. Tra l’altro, abbiamo anche realizzato i microfilm dell’archivio, in modo che si possano consultare anche in quella modalità”.

Replica l’avvocato Guido Cosulicj, legale dei proprietari, gli eredi del conte aretino Giovanni Festari: i 150 milioni di euro messi sul piatto dalla holding russa Ross Engineering per acquistare l’Archivio Vasari  “sono una cifra congrua”.  Il legale è consapevole che si tratta di una cifra  molto elevata in rapporto ad un bene culturale che è sottoposto a vincoli stringenti: da quello pertinenziale (posto direttamente dal ministero dei Beni culturali già nel 1994) che lo lega strettamente a Casa Vasari fino a quello imposto dall’iscrizione nella Conservatoria delle ipoteche. Dice l’avvocato Cosulicj:  “Gli acquirenti sanno perfettamente che non potranno trasferire l’archivio e questo non è stato un problema per loro, non è stato un punto ostativo alla vendita e al relativo acquisto”.

All’obiezione che l’entità della cifra pone molti interrogativi, per un bene che non potrà essere direttamente fruito, in alcun senso, dai nuovi proprietari, il legale replica: “Magari ne faranno una mostra, lo apriranno al pubblico”.

Poi precisa: l’atto di vendita è stato trasmesso, come detta la legge, al ministero dei Beni culturali che ha chiesto alcune precisazioni: “Adesso lo Stato ha fino a 180 giorni per esercitare il diritto di prelazione – ha detto l’avvocato -: trascorso questo tempo, quel diritto decadrà”.

A questo punto per salvarsi l’anima il ministro Bondi  ha disposto un’ispezione all’archivio di Casa Vasari ad Arezzo, “al fine di verificare l’aggiornamento e la congruità dell’inventario, lo stato di conservazione dei beni e delle carte facenti parte del fondo e il rispetto effettivo del vincolo pertinenziale che ne determina l’inamovibilità dal luogo in cui sono attualmente depositate”. Il ministero ribadisce  “l’effettiva validità di tale vincolo, a suo tempo impugnato dai proprietari ma confermato con sentenza definitiva del Tribunale amministrativo regionale della Toscana, che pertanto determina in Casa Vasari ad Arezzo l’unico luogo in cui l’archivio può essere mantenuto”.

La notizia dell’ispezione ha fatto parlare di “viva soddisfazione” dagli eredi del conte Festari: Tommaso, Leonardo, Antonio, Francesco:”Sarà l’occasione per fare emergere tutte le responsabilità di quanti oggi gridano allo scandalo creando ingiustificati allarmismi”. Entra in pista un altro avvocato, Alberto Marchetti, incaricato dalla famiglia che ha scritto una lettera al sindaco di Arezzo (e per conoscenza al presidente del Consiglio, al ministro dei Beni culturali e all’ambasciatore della Federazione russa in Italia): la famiglia Festari “è stata riconosciuta legittima proprietaria dell’intero Archivio Vasariano con sentenza della Corte di Appello di Firenze divenuta definitiva anche in ragione del procedimento innanzi alla Corte di Cassazione”. 

L’avv. Marchetti definisce “del tutto inaccettabili” le dichiarazioni fatte in questi giorni alla stampa , che suscitano “fortissime preoccupazioni e grave sconcerto nei miei assistiti che si ritengono assolutamente lesi nel proprio diritto di liberamente disporre della loro proprietà e che interpretano tale atteggiamento come l’ennesimo atto di una vera e propria persecuzione perpetrata, fin dagli anni ’90, nei confronti della Famiglia Festari, da parte dell’Amministrazione che Lei oggi rappresenta”.

Al sindaco, il legale ricorda che il comune di Arezzo “é stato anche ritenuto gravemente inadempiente quanto all’adeguata conservazione dei beni facenti parte dell’Archivio e conseguentemente ha subito la condanna generica al risarcimento dei danni (tuttora in corso di quantificazione) quali procurati ai legittimi proprietari dei beni per aver smarrito rilevanti porzioni di documenti facenti parte dell’Archivio stesso”. Marchetti sottolinea poi il valore dell’archivio, che il comune avrebbe cercato di acquisire per meno di due milioni di euro, sottolineando che tra le tante carte preziose che contiene “figurano 17 lettere con sonetti e disegni del Michelangelo e che già nel 2002 un solo disegno attribuibile al Buonarroti fu aggiudicato da primaria casa d’aste internazionale per la cifra di 11 milioni di euro”.

Anche per questo, prosegue il legale, “i miei assistiti non sono assolutamente disponibili a tollerare ingerenze di alcun tipo che si pongano al di fuori della legalità e dalle quali possa derivare anche solo l’eventualità che le loro legittime aspettative di alienare il compendio dei beni in questione possano risultare pregiudicate”.

Fa sentire la sua autorevole opinione Vittorio Sgarbi:  “Il valore dell’archivio Vasari è di circa 15 milioni di euro. Io conosco la questione perché questo bene è stato proposto a me in diverse occasioni. Ho parlato con il proprietario, mi è stato chiesto di visitare l’archivio, l’ho visitato, lo conosco, e la cifra massima che mi avevano chiesto quando me ne parlavano era di 20-25 miliardi di vecchie lire, il che vuol dire esattamente 10, 15 milioni di euro. Questo è il valore”.

“Un dipinto di Caravaggio vale 80, 90, 50 milioni di euro. Un dipinto di Van Gogh vale 80, 90 milioni di euro, non un miliardo di euro.  Anche la cosa che vale di più, non può avere un valore moltiplicato per 10”. “Anche un russo, e certamente non fesso, tanto che non esiste, non potrebbe entrare in una partita così grossolana da pagare 150 milioni ciò che ne vale 15. Che valga 15 milioni lo prova il fatto che questa è la cifra che fu a suo tempo a me proposta, non ovviamente come acquisto personale ma per trovare un museo, una fondazione”.

Secondo Sgarbi: “La burla è confermata inoltre dal fatto che non esiste alcuna possibilità di trarre un beneficio attivo da un bene il cui vincolo ti pone una serie di limitazioni nel suo uso, e anche nella necessità di farlo vedere, conoscere e conservare”.

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