Caravaggio ucciso dal “morbo dei pittori”

Già domani a Ravenna inizierà la ricerca dei resti del pittore nel piccolo cimitero di Porto Ercole; l’ipotesi sulla morte dell’artista è stata avanzata da Silvano Vincenti

Ad uccidere Caravaggio nel 1610 a Porto Ercole, in Toscana, potrebbero essere state le conseguenze del cosiddetto ‘morbo dei pittori’ o ‘saturnismo’, in pratica un avvelenamento provocato dal piombo e dall’arsenico presenti in grande quantità all’epoca nei colori e che provoca sintomi molto simili a quelli della malaria e del tifo, le due ipotesi finora avanzate, insieme con la brucellosi, per la morte del pittore lombardo.

A formulare per la prima volta questa ipotesi è Silvano Vinceti, presidente del comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storico culturali e ambientali che da qualche settimana é impegnato, insieme con gli esperti del dipartimento di antropologia dell’università di Bologna, nella ricerca dei resti del pittore nel piccolo cimitero di Porto Ercole.

Domani, sottolinea Vinceti, la ricerca entrerà nel vivo a Ravenna, nel laboratorio del dipartimento universitario diretto dal professor Gruppioni, dove sono stati portati i resti di circa 40 corpi recuperati nel piccolo cimitero toscano. Esclusi quelli di bambini e ragazzi, in programma c’é l’esame al carbonio 14 per individuare tra i resti sicuramente appartenuti a maschi giovani (Caravaggio morì non ancora quarantenne) quelli dei morti intorno a quella data, poi si passerà alla comparazione con il Dna dei discendenti del pittore che ancora vivono nel paesino lombardo di Caravaggio.

In caso di successo, dice Vinceti, partirà la terza fase con l’esame dei resti ossei affidato al dipartimento di biologia dell’università di Pisa diretto dal professor Malleni, lo stesso che due anni fa trovò nei resti ossei di Poliziano e Pico tracce di arsenico tali da provare una morte causata per entrambi da avvelenamento (in quel caso sembra da vino). L’ipotesi di una morte causata da saturnismo, che pure deve essere verificata sul piano scientifico, si basa, spiega Vinceti, sul lavoro di una esperta del team, la dottoressa Alessia Cervone, che confronta documenti storici, teorie mediche e tossicologiche.

Punto di partenza, la considerazione che piombo e arsenico erano allora presenti in grande quantità nei colori tanto che molti pittori dell’epoca e poi anche nelle epoche successive hanno sofferto del problema, compresi Goya e Van Gogh. Caravaggio poi aveva abitudini di vita molto disordinate, viveva e mangiava in mezzo ai colori, ignaro delle conseguenze. La ricerca comunque va avanti, conclude Vinceti. E per maggio è prevista l’uscita di un volume sui misteri di Caravaggio, scritto a quattro mani con il professor Gruppioni.

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