Guercino rubato e Venere di Morgantina abbandonata: due fallimenti italiani

ROMA – Un quadro del Guercino, valore fra i 5 e i 6 milioni di euro, rubato non si sa come da una chiesa di Modena; la Venere di Morgantina riportata dopo tante peripezie a “casa sua”, in Sicilia, ma ammirarla è difficile perché al museo manca il personale, nonostante la Regione abbia assunto per questo compito 1.200 addetti. Sono le storie di due fallimenti italiani nella gestione del patrimonio culturale.

Iniziamo da Modena, dove i ladri sono riusciti a sottrarre una tela, alta tre metri e larga due, del 1639, raffigurante la Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Gregorio Taumaturgo. Il quadro era esposto fino a pochi giorni fa alla reggia di Venaria a Torino. È stato rubato nella notte fra l’11 e il 12 agosto, ma il parroco della chiesa di San Vincenzo se n’è accorto solo la mattina del 13. Racconta Franco Giubilei sulla Stampa:

“la porta era stranamente aperta. La chiesa infatti, a parte la domenica, è sempre chiusa e non vi si entra facilmente: «Per fare un furto di questo genere bisogna aver architettato la presenza di qualcuno dentro la chiesa chiusa – spiega don Giovanni Gherardi -: bisogna aver tolto il quadro, che è di grandi dimensioni (quasi due metri per tre, ndr), dall’altare, e aver avuto un camion fuori dalla porta principale».

Tutto questo praticamente di fianco al tribunale che, sottolinea il prete, «è sorvegliato giorno e notte». Se il palazzo di giustizia è controllato, e qualche informazione sui ladri potrà forse arrivare agli inquirenti dalle riprese delle telecamere nella zona, non altrettanto si può dire del quadro del Guercino: di «responsabilità grave» delle istituzioni parla infatti Vittorio Sgarbi. «In quella chiesa non c’era un sistema d’allarme – attacca il critico d’arte -: com’è possibile che la soprintendenza abbia permesso che un’opera così preziosa rimanesse lì senza sicurezza?».

Dalla soprintendenza di Modena e Reggio Emilia passano la palla avvelenata della mancata custodia alla curia, evidenziando allo stesso tempo l’oggettiva difficoltà dei controlli: «Il nostro compito principale è la tutela dei beni – spiega il funzionario Stefano Casciu -. Posso dire che il Guercino era in una parrocchia e dunque in custodia alla curia. Non c’era allarme, ma la chiesa era chiusa, e mettere sotto tutela tutte le opere d’arte è un compito al di sopra delle nostre possibilità economiche».

Un disastro. A consolarci restano solo le parole di Sgarbi, secondo il quale i ladri non riusciranno mai a vendere a qualcuno un quadro di quel valore e di quelle dimensioni:

«E’ una pala d’altare con un San Gregorio meravigliosamente abbigliato, un’opera monumentale della prima maturità dell’artista. Per un furto così non ci può essere un committente, nessun museo o privato la comprerebbe mai. Secondo me questo colpo può essere solo opera di una banda di stranieri inconsapevoli, gente che non sa nulla delle leggi di mercato e che forse pensa di chiedere un riscatto».

Da Modena alla profonda Sicilia, la musica non cambia. Siamo a Morgantina, nell’entroterra nei paraggi di Enna. Ci si arriva da Catania inerpicandosi per cinquanta km sulla statale 288. Ma chi volesse ammirare la Venere di Morgantina, riportata a casa nel 2011 dopo un lungo contenzioso con gli Usa, deve sbrigarsi: il museo è aperto dalle 9 alle 13.30.

Ci sono solo tredici custodi ma “hanno quasi esaurito il monte ore di festivi fissato dalla Regione”, riporta Laura Anello sulla Stampa. Il museo dove è esposta la Venere, una statua del 400 avanti Cristo, è vicino all’area archeologica di Morgantina. Ma i custodi sono sempre quelli e quindi il compromesso trovato dal direttore Laura Maniscalco – per non chiudere del tutto – è stato quello di tenere chiusa l’area archeologica quando è aperto il museo e viceversa. Quindi dalle 9 alle 13 e 30 si va al museo, poi i custodi chiudono per aprire i cancelli dell’area archeologica, aperta (invece che dalle 9, come è sempre stato) solo dalle 14 al tramonto.

La povera Maniscalco deve arrampicarsi sugli specchi e trovare incastri impossibili, ma il paradosso è che la Regione ha sul libro paga 800 fra portieri e custodi e 400 operatori di una azienda partecipata: un’armata di 1.200 dipendenti che dovrebbe occuparsi proprio di tenere aperti i musei.

E invece il direttore spiega che “da qui a due anni i più anziani dei custodi andranno in pensione e non potremo sostituirli”. Un fallimento che è tutto nei numeri: nel 2011 furono in 21 mila a pagare il biglietto per vedere la Venere, nel 2012 e nel 2013 scesero a 15 mila.

Quando era esposta al Paul Getty Museum di Malibù, dove era finita dopo esser stata trafugata nel 1978 dall’area archeologica di Morgantina, la statua della Venere era ammirata da 400 mila visitatori all’anno.7

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