ROMA – Non solo e' opera autografa di Caravaggio, ma la Medusa Murtola, scoperta e acquisita da Ermanno Zoffili piu' di venti anni fa, e' la prima versione del capolavoro custodito agli Uffizi. Ne e' certa la massima studiosa del Merisi Mina Gregori dopo la conferma delle indagini diagnostiche condotte da Maurizio Saracini dell'Universita' di San Diego (Usa). I risultati sono stati raccolti nel libro 'La prima Medusa di Caravaggio' presentato oggi a Roma.
Radiografie e riflettografie hanno infatti evidenziato che sotto lo strato pittorico del piccolo scudo, proveniente in origine da un convento romano, c'e' una gran quantita' di variazioni, quei pentimenti considerati dagli esperti la prova provata dell'autenticita' di un'opera. Dalle analisi emerge che ''la testa in un primo abbozzo era abbassata – ha detto la Gregori – e si vedono ancora benissimo gli occhi posti piu' in basso''.
Molte modifiche anche nelle volute dei serpenti, la capigliatura del mostro divino evocato nelle Metamorfosi di Ovidio. Per Mina Gregori, pero', i risultati della campagna diagnostica, commissionata e finanziata da Zoppoli (scomparso solo tre giorni fa), non sono che ''la conferma di quanto ho pensato dalla prima volta che ho preso in mano questo oggetto, da subito ho capito che era di una qualita' altissima''.
''Sotto lo scudo, di dimensioni minori rispetto a quello degli Uffizi, c'erano ancora tracce di velluto e i laccioli di cuoio, nessuno lo aveva mai piu' preso in mano'', ha raccontato la storica dell'arte, che poi si e' confrontata altri esperti di par suo, come Sir Dennis Mahon e Maurizio Marini.
A dare che la certezza che la Medusa Murtola, realizzata da un giovane Caravaggio intorno al 1597-'98, sia la prima versione dell'opera e' il fatto che quella degli Uffizi non presenta pentimenti. Trattandosi di un'opera molto documentata e di ''strepitosa qualita''', non esiste il dubbio che sia una copia, ha precisato la Gregori, piuttosto la sicurezza dell'esecuzione rivelerebbe che quindi Caravaggio ne aveva gia' fatta un'altra identica.
Si puo' ipotizzare che il cardinal dal Monte, mecenate del Merisi, avesse visto questo primo scudo da parata con il soggetto che all'epoca ossessionava il Merisi e gliene avesse commissionato un altro per farne dono al granduca Ferdinando I de' Medici. Un'opera che aveva destato una grande eco anche tra i letterati del tempo, come il genovese Gasparre Murtola (da cui il nome di questa versione), che le dedico' un poema.