Alitalia, Alessandro De Nicola su Repubblica: “Capitani vergognosi”

Alitalia, Alessandro De Nicola su Repubblica: "Capitani vergognosi"ROMA – Alessandro De Nicola per Repubblica analizza e critica il soccorso di Poste Italiane per salvare Alitalia. Dopo l’aumento di capitale di 300 milioni, deciso dal Cda della stessa Alitalia, per la compagnia di bandiera la strada sembra essersi raddrizzata, seppur in parte. il futuro infatti è tutto da decidere ancora.

Scrive De Nicola:

L’incredibile si è verificato. Se fino anche a ieri qualcuno avesse ipotizzato l’intervento di Poste Italiane per salvare Alitalia, sarebbe stato accolto da un moto di incredulità. E sì che nel nostro Paese siamo abituati a tutto. Ora sembra che all’aaumento di capitale di 300 milioni, necessario (insieme ad un prestito bancario di 200 milioni) a mantenere operativa la linea aerea, parteciperanno anche le Poste. Non vorrei essere nei panni di un consigliere di amministrazione di quest’ultima società: per trovare l’“interesse sociale” che giustifichi un investimento così importante in una società che macina perdite come un turbine e che non ha alcun tipo di sinergia con la consegna di plichi e raccomandate bisognerà ricorrere alla fantasia. Certo, c’è la “posta aerea”, ma sembra un po’labile, no?

D’altronde nessuno vorrebbe essere nei panni di un consigliere di amministrazione di Ferrovie dello Stato, fino a 24 ore fa data come più probabile acquirente della ex compagnia di bandiera. Anche in quel caso non sarebbe stato facile giustificare un investimento che avrebbe comportato perdite sicure, sinergie tutte da verificare e battaglie con l’autorità Antitrust che sarebbe stata giustamente preoccupata del potere di mercato del moloch “aerei più treni” su rotte come la Milano-Roma e la Milano- Napoli. Dove avrebbe potuto risiedere l’interesse sociale di Fs?

Insomma, la saga di Alitalia sembra ormai diventata una maledizione:
Era già stata una disgrazia fino al 2008: le perdite accumulate all’epoca erano di 1,8 miliardi e la politica aveva sprecato un’occasione d’oro negando la fusione con l’olandese Klm. Da quella data in poi, quando la rocambolesca difesa dell’ “italianità” di Silvio Berlusconi ha fatto sì che si perdesse l’opportunità di vendere la compagnia ad Air France per un prezzo oggi inimmaginabile (1,7 miliardi), le cose sono andate di male in peggio. Il salvataggio di Alitalia è costato, secondo i calcoli degli economisti Ugo Arrigo e Andrea Giuricin, da 4 a 7 miliardi di euro al contribuente italiano e altre centinaia di milioni ai passeggeri, costretti a pagare prezzi di monopolio sulla tratta Milano- Roma a causa della fusione tra Airone e Alitalia e della sospensione della normativa antitrust imposta da una legge ad hoc: un caso inaudito!
Ma nemmeno la protezione della politica è servita. A onor del vero il nuovo management di Alitalia ha ridotto i costi e migliorato il servizio, ma tra la capitale politica e quella economica la concorrenza dell’Alta Velocità è stata spietata. L’arrivo di Italo e la fine del blocco per i concorrenti aerei ha dato il colpo di grazia.
Il governo è ancora in tempo: si fermi. Non coinvolga, come fece Berlusconi, la Banca Intesa che fu di Corrado Passera (fin troppo “volenterosa”). Oppure azionisti come Ligresti. L’una e gli altri sembravano più pagare debiti politici che essere mossi da slanci patriottici. Si commissari Alitalia (bloccare tutto e lasciare gli aerei a terra distruggerebbe il valore residuo della società) e attraverso il ricorso a procedure concorsuali apposite si faccia, come ha suggerito Carlo Stagnaro, ciò che è stato attuato con Swissair: una vendita, in blocco o anche a pezzetti, a chiunque sia interessato e a qualsiasi prezzo. Si accettano scommesse: la gente continuerà a volare da, verso o in Italia e fino a quel momento ci saranno compagnie aeree disposte a prestare il servizio.
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