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“La linea d’ombra del comando”, Barbara Spinelli su Repubblica

di luiss_smorgana |25 Gennaio 2012 12:59

ROMA – Barbara Spinelli dalla prima pagina di Repubblica prende in prestito linguaggio e regole della vita di mare per ragionare sul comando e il potere e poi approdare alla “via stretta” in cui deve muoversi il premier Mario Monti. In un articolo dal titolo “La linea d’ombra del comando”, Spinelli ammonisce il nuovo governo, partendo da un riferimento al naufragio della nave Costa Concordia il 13 gennaio scorso:

Il comando ha un ingrediente in più, un occhio in più: indispensabile. Ancora una volta dal mare, dunque, ci giunge in questi giorni un esempio di cosa sia questo mestiere che impaura ed è al contempo profondamente anelato: il mestiere di guidare gli uomini nelle situazioni-limite, quando tutto, salvezza o disastro, dipende da chi è al comando, sempre che qualcuno ci sia. L’esempio lo conosciamo ormai: ce l’ha dato Gregorio De Falco, capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno. Nella notte del 13 gennaio fu lui a intimare, al comandante Schettino, di tornare subito a bordo anziché cincischiare frasi sull’inaudita trasgressione appena commessa: l’abbandono del posto di comando sulla nave, prima del salvataggio di passeggeri e equipaggio. Un peccato imperdonabile in mare.

Poi ricorda il blitz della Finanza per Capodanno a Cortina:

Una voce analoga s’era udita a Capodanno, inattesa, quando le Guardie di finanza diedero la caccia agli evasori fiscali di Cortina, ricordando che la legge non solo esiste ma può essere applicata, per castigare chi vitupera lo Stato esattore e al tempo stesso ne profitta – le parole sono di Mario Monti – “mettendo le mani nelle tasche degli italiani onesti, che pagano le tasse”. È come se da tempi immemorabili non avessimo ascoltato voci simili. Come se la chiamata che intima, stronca imperiosamente egoismi, tergiversazioni, fosse la cosa che più ci manca.

La riflessione però prosegue concentrandosi sull’Italia:

in Italia la questione è incandescente, perché sono in tanti a reagire alla nuova severità dello Stato con la fuga o lo scompiglio. Non che sia mancata, per anni, la voce dei padroni. Ma non era intimazione, la loro: era intimidazione, al tempo stesso strillata e sterile. Abbiamo udito l’urlo di chi s’indigna e l’urlo di chi dall’alto dei propri scranni insulta, lancia ukase, grida menzogne per difendere gli interessi propri o dei propri clan. Per oltre un decennio abbiamo vissuto in mezzo a indistinte cacofonie: e vediamo in questi giorni, con le rivolte antistataliste che straripano, la potenza accumulata dalla cultura dell’urlo.

Poi ancora Spinelli fa un riferimento a Joseph Conrad

C’è un elemento aggiuntivo, che nasce dal carisma (la gravitas degli antichi latini) che il comandante possiede o non possiede. In democrazia è dura arte anche per questo, perché la gravitas ha qualcosa di aristocratico, di insensibile: la schiviamo, se possibile. Invece ce n’è bisogno, perché sempre possiamo incrociare una crisi, un’emergenza, ed è qui che servono le forze congiunte del comando, dell’imperio della legge e del carisma. Torniamo ancora a Conrad, quando narra la nostra Linea d’ombra: d’un colpo scorgiamo innanzi a noi “una linea d’ombra che ci avverte che la regione della prima giovinezza, anch’essa, la dobbiamo lasciare addietro”. Il protagonista del racconto affronta a quel punto la massima prova esistenziale: l’esercizio del comando. Alcuni soccombono: è il caso di Lord Jim, che tutta la vita pagherà il prezzo – in dolore, rimpianto, vita d’angoscia – del peccato originale commesso quando abbandonò la nave. La linea d’ombra, in Italia, è come se non la scorgessimo mai. C’è qualcosa di ostinatamente minorenne, nel nostro rapporto con l’autorità, la legge, lo Stato.

Il ragionamento approda al premier Monti,

assalito da proteste quando si sforza di ammansire l’ego di corporazioni, lobby, clan semimafiosi (le grandi mafie suppongo siano in attesa: non ancora toccate, fanno quadrato attorno ai propri referenti, ne cercano di nuovi, sfruttano alla meglio i malcontenti di chi si sente ferito dal bisturi). Nonostante questo clima di sbandamento il Premier resta popolare, nell’Italia smarrita e infine conscia della crisi. Lo aiutano le virtù del comando: la gravitas, il rispetto meticoloso delle istituzioni, l’autorevolezza che accresce l’autorità dandole sostanza.

E ancora arriva l’ammonimento per il presidente del Consiglio che ha davanti a sé una via stretta da battere

Lo aiuta la vocazione a tenere i conti, e a chieder conto. Non dimentichiamo la fine del film di Fellini: il direttore d’orchestra che non ha saputo comandare esplode in urla scomposte, mescolando vocaboli italiani e parole d’ordine naziste. “Estrema pazienza e estrema cura”, questo il comando secondo Conrad: oltrepassata la linea d’ombra, sempre possiamo mancare la prova, sottrarci al dovere di portare la nave sana e salva in porto. Ecco perché la via di Monti è così stretta.

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