ROMA – La crisi di Cortina ha una origine precisa, i blitz di Attilio Befera sotto lo sguardo micidiale di Mario Monti che ci aveva promesso il peggio, mantenendolo.
Certo conta anche la crisi, ma per i ricchi frequentatori di Cortina non sono stati mai i soldi un problema. Semmai il Fisco. Sono così arrivati i controlli, i ricchi e gli evasori sono scappati e non tornano, Cortina è in crisi. Paolo Berizzi su Repubblica descrive la crisi di Cortina e ci riesce anche molto bene, fin dal titolo:
“In calo gli italiani, hotel e ristoranti fanno a gara di promozioni per accaparrarsi i turisti. E i clienti ora vogliono spendere meno
Cortina, case in saldo e negozi chiusi la perla delle Dolomiti non luccica più”.
Paolo Berizzi è anche coraggioso, perché scrive su un giornale, Repubblica, che ha sempre sostenuto blitz anti evasori ed è un po’ l’organo del partito delle tasse (con i padroni residenti in Svizzera).
L’inizio della crisi ha un riferimento preciso e una data precisa, quando
“gli sceriffi in divisa grigia e mostrine il 31 dicembre 2011 seminarono il panico per stanare i turisti evasori e i commercianti affetti da “scontrinite”: insomma i finanzieri mandati su da Equitalia se li sognano ancora la notte, da queste parti. «Ma per racimolare 2 milioni, alla lunga ne hanno tolti 100 a Cortina, e quindi all’Italia », è il ragionamento di Gherardo Manaigo, patron del mitico Hotel Posta e presidente di Federalberghi.
“Sul punto ci sarebbe da ragionare per ore: è chiaro che molto, anzi tutto, dipende dai punti di vista (meglio colpire i ricchi cattivi col rischio di allontanare a cascata anche i ricchi buoni, o meno peggio fare rispettare le leggi a prescindere?). Sta di fatto che la nuova Cortina ex d’oro, non la riconosci più. Poca gente, case «ferme », sfitte o in vendita, una moria di negozi (40 chiusi dal 2012), cantieri aperti ovunque (sistemazione strade e marciapiedi: mica nuove opere), hotel e ristoranti che lanciano promozioni tipo colonia estiva pur di non perdere anche lo stock curativo dei grupponi (cinesi e americani).” Le boutique chiudono i battenti a intermittenza perché 15 mila euro di affitto se non fai cassa sono una corda al collo. C’era una volta lei, sua maestà superba, la perla delle Dolomiti che impietosa selezionava: i poveri fuori, giù a valle, San Vito di Cadore, Borca di Cadore, i «paesi». I ricchi, vecchi e nuovi, dentro. Valeva tutto purché fossero fogli da 500 e carte da strisciare. Dentro persino Lele Mora e il suo circo equestre, il «velinume», come lo lapidano adesso: è successo l’impensabile: anche a Cortina sono arrivati i tempi cupi.
«Siamo lo specchio dell’Italia, nel bene e nel male. È che qui le difficoltà fanno più notizia», ragiona dal suo ufficio con telecamera web cam puntata sul corso, Stefano Illing, presidente di Cortina Turismo.
«La buona notizia è che è cambiato proprio il tipo di turista: meno esibizione cialtrona e più attenzione alle bellezze della montagna».
Quella brutta è che sono diminuiti: 15 per cento in meno di italiani.
«È vero, siamo in un momento di stallo — ammette Enrico Pompanin, il vicesindaco facente funzione — . Immobiliare e commercio soffrono. Qui la vendita delle case fa da traino a una catena che, tra artigiani e imprese, dà lavoro a tanta gente. E se si fermano le case si ferma la catena. I negozi hanno risentito del cambio di turismo: erano e sono tarati su uno standard di clientela che ha lasciato il posto a una clientela diversa, più attenta perché con minore disponibilità di spesa».
«Un’estate così moscia non si è mai vista — dice Daniele Mosco, negozio di abbigliamento all’inizio di corso Italia — . Colpa di Befera che ha fatto scappare chi spendeva e anche del tempo che ci ha messo del suo». Il black out invernale tra Natale e San Silvestro è stato un cinepanettone che non ha fatto ridere.
“In un paese che è senza primo cittadino da un anno e mezzo (Andrea Franceschi è ai domiciliari inquisito per turbativa d’asta dalla Procura di Belluno, non può mettere piede nella città dove è nato e cresciuto), è come se il velo sollevato dalla flessione del mercato avesse messo a nudo quello che non va o che non c’è più. Il trampolino da sci olimpico l’ha rottamato il tempo. Stesso destino per la gloriosa pista da bob, che a Cortina era un’eccellenza. E anche per la piscina comunale.
“Chiusa dall’inverno scorso la stazione ferroviaria (gli habitué arrivavano in Cayenne, il resto del mondo in autobus), c’è chi rimpiange i tempi belli in cui la “perla” aveva il suo aeroporto. Erano gli anni della borghesia buona che scendeva dalle ville e faceva capolino al Posta per l’aperitivo. Restano i Barilla, i Benetton, gli Illy: poco altro”.
Cortina è
“un posto che vale 500 milioni: 250 dal turismo; l’altra metà dal settore immobiliare. In teoria. La “perla” resta un luogo incantevole, uno dei fiori all’occhiello del turismo italiano. Gli stranieri la venerano. «Adesso tanti scandinavi, norvegesi e svedesi — dice ancora Illing — . Turismo più di qualità, a impatto zero, gente interessata alla montagna, non alle passerelle per mostrarsi dopo il silicone».
“Già. Visti bikers e amanti del trekking. Quelli che meglio le racchette della Ferrari. Quelli che non sfoggiano ma neanche spendono. Pranzo al sacco, al massimo una pizza. Stupendo, ma i secondi piatti a 65 euro per le casse locali erano un’altra cosa. Dalle casse alle case. A inizio Duemila si viaggiava a 20 anche 30 mila euro al metro. Adesso siamo sugli 11 mila. E sui saloni in legno si fa la polvere.
“C’è uno spiazzo vuoto al posto del PalaAudi, la tensostruttura che portava gente (convegni, eventi) e soldi (lo sponsor). Il sindaco l’ha regalato ai terremotati dell’Aquila: bel gesto ma — chiosa Daniele Mosco — «si toglie e non si sostituisce niente. Neanche le fioriere. Eppure l’ultimo bilancio comunale si è chiuso con un attivo di 5,5 milioni». Riconoscere che la Bengodi è finita costa fatica. Ma ci si abitua a tutto”.
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