“Dai traslochi alle pulizie. Le uscite milionarie dello Stato”, Andrea Bassi

"Dai traslochi alle pulizie. Le uscite milionarie dello Stato", Andrea Bassi
Carlo Cottarelli (LaPresse)

ROMA – “Dai traslochi alle pulizie, le uscite milionarie dello Stato” è il titolo dell’articolo a firma di Andrea Bassi sul Messaggero. Bassi aggiunge: “Per convegni e manifestazioni i sindaci spendono ogni anno quasi 190 milioni di euro.”

Un milione e seicentomila euro e rotti per assistere psicologicamente e religiosamente i dipendenti pubblici. C’è pure questo nel mare magnum degli 800 miliardi della spesa pubblica appena messi on line dal ministero del Tesoro, che da qualche giorno ha reso accessibile il Siope, la piattaforma informatica nella quale vengono registrate tutte le uscite dello Stato in ogni sua articolazione. Una massa enorme di spese che le varie spending review di questi anni sono riuscite solo leggermente a scalfire. La spesa dei ministeri, per esempio, nel 2013 ha superato i 420 miliardi, mentre solo un anno prima si era fermata undici miliardi più in basso, a quota 409 miliardi. Si potrebbe pensare che ad influire siano state soprattutto i pagamenti per gli interessi sul debito, costantemente aumentati negli ultimi anni. In realtà ad essere aumentata è anche la spesa per consumi intermedi, proprio quella che il neo commissario ai tagli, Carlo Cottarelli, vorrebbe tagliare e che costituisce il presupposto sul quale è stato costruito il bonus da 80 euro del governo Renzi. Nonostante tutte le briglie, la spesa per consumi intermedi dello Stato centrale registrata sul Siope, è passata da 7,5 miliardi del 2012 ai 10,7 del 2013. Tre miliardi tondi in più.

Dentro c’è di tutto. Ci sono 361 milioni spesi per i traslochi e i trasporti a favore del personale, 409 milioni e rotti spesi per pulizia e lavanderia, persino 109 milioni di carte e valori bollati segno che la rivoluzione digitale sempre annunciata non ha ancora fatto capolino nell’amministrazione dello Stato. I ministeri e le amministrazioni centrali non sono gli unici ad aver aumentato i pagamenti da un anno all’altro. Anche le Regioni non fanno eccezione a questa regola. Le loro uscite, nel 2012, avevano superato di poco i 92 miliardi. Un anno più tardi sono salite a 119 miliardi. Spulciando le uscite correnti dei governatori, si scopre che spendono 473 milioni in manutenzioni ordinarie degli immobili, 306 milioni in assistenza informatica, quasi 13 milioni per pubblicare giornali e riviste. Molto eterogeneo anche l’elenco delle spese dei Comuni. Il totale delle uscite dei Municipi, nel 2013, è stato di 86 miliardi, contro gli 81 miliardi registrati un anno prima dal Siope.

Tra le spese più incisive ci sono quelle per le consulenze, come i 322 milioni degli incarichi professionali. Ogni anno, poi, per organizzare convegni e manifestazioni, i sindaci spendono ben 189 milioni e rotti di euro, mentre tra le uscite maggiormente consistenti per i loro bilanci ci sono da registrare quelle per manutenzioni e pulizia che, a conti fatti, nel complesso valgono più di 1,7 miliardi di euro. Gli organi istituzionali, ossia i sindaci, le assemblee, le giunte, i consiglieri, gli assessori, costano invece qualcosa come 508 milioni, ai quali bisogna pure aggiungere altri 31 milioni di euro e passa di rimborsi spese. Ed è proprio sui municipi che Cottarelli ha deciso di calare la sua prossima scure, colpendo in particolare le società municipalizzate. Ieri il commissario straordinario ha pubblicato un post sul suo blog, spiegando che nella «giungla» delle oltre 10 mila partecipate locali ci sono 1.213 società controllate dai Comuni che «non hanno addetti ma solo amministratori». Cottarelli ha confermato che entro la fine del mese ci sarà un piano di razionalizzazione di queste società che, è la sua tesi, sarà possibile sfoltire «senza esuberi». Nel loro complesso le municipalizzate ogni anno perdono 1,2 miliardi. Per quelle e strumentali, ha spiegato Cottarelli, la questione da risolvere è individuare quali sono state create per eludere i vincoli del Patto di Stabilità e come ovviare al problema. Per le altre che agiscono sul mercato occorre stabilire se esistano motivazioni di interesse generale che ne giustifichino l’esistenza. Anche considerando che ce ne sono ben 50 che producono vino. Non proprio un servizio pubblico.

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