“La discontinuità necessaria”: Roberto Napoletano sul Sole 24 Ore

ROMA – L’Italia non può permettersi incertezza politica perché i mercati ce la  farebbero pagare a carissimo prezzo. Serve quindi un governo che sappia essere discontinuo, a livello di politica economica, dagli anni precedenti. E’ l’opinione del direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano. Opinione che il quotidiano pubblica come editoriale e che BlitzQuotidiano vi propone come articolo del giorno:

Scrive Napoletano:

Il rischio che l’Italia non si può permettere è che l’incertezza politica generi tensione sui mercati finanziari e questa porti a ridurre la raccolta delle banche e faccia venire meno la capacità di credito incidendo sugli investimenti della seconda metà dell’anno e mettendo definitivamente fuori gioco le residue possibilità di riaccendere il motore dell’economia reale del Paese. Bisogna mettere le condizioni, fare le cose e comunicarle, attuare un disegno organico di interventi economici e civili che parli soprattutto ai giovani, affinché non si riproponga il rischio enorme e reale che abbiamo corso a novembre del 2011 e che la gente ha rimosso perché non si è materializzato. Parola di Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco.

Che fare quindi? Per il direttore del Sole 24 Ore serve discontinuità:

Per fare tutto ciò occorre un governo nel pieno dei suoi poteri che porti urgentemente fuori l’Italia dalla tempesta perfetta del 25 febbraio e segni la piena discontinuità con quel filo indistinto di politica economica che tiene insieme i lunghi anni di Tremonti al Tesoro con l’ultimo anno di governo Monti dove la disciplina fiscale (virtù necessaria, da preservare) si è coniugata in forme e modalità differenti ma senza mai incidere nel corpo vivo della (inefficiente) macchina dello Stato e senza mai riuscire a scalfire in misura adeguata il tabù della spesa corrente. L’unico tabù, se abbattuto o ridimensionato fortemente, in grado di liberare correttamente le risorse necessarie per ridurre gli abnormi prelievi fiscali e contributivi su lavoratori e datori di lavoro e alimentare un flusso apprezzabile di investimenti, a a partire dalla scuola e dalle infrastrutture, per provare a modernizzare il Paese. Non è vero che non si è fatto niente, soprattutto in materia previdenziale, ma ciò che è sempre colpevolmente mancata è un’attenzione effettiva, di lungo periodo, fatta di scelte strategiche e di cose che si possono vedere e toccare sull’unico, assoluto, punto di forza dell’economia italiana, che è la sua peculiarissima manifattura. Una rete di imprese di ogni tipo di dimensione che è sempre riuscita, nonostante un carico di fardelli pesantissimi e più di una debolezza costitutiva, a intrecciare tradizione, innovazione di processo e di prodotto e a conquistare pezzi sempre nuovi di mercati.

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