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La fatica del ricordo. Vittorio Zucconi su Repubblica

di Emiliano Condò |7 Settembre 2011 12:47

ROMA – Un undici settembre che si avvicina e che “consuma” gli americani, preda di una sorta di “fatica della ricorrenza”. Vittorio Zucconi su Repubblica riflette sul decimo anniversario sull’attentato che ha messo in ginocchio l’occidente. Una lettura, quella di Zucconi, che coglie segnali di fastidio in un Paese che si trova “costretto” a guardare al passat0 mentre ha da sempre l’ossessione del futuro. Il tutto mentre il presente è tutt’altro che roseo. BlitzQuotidiano vi propone l’analisi di Zucconi come articolo del giorno.

Si deposita come una polvere sottile sui ruderi delle commemorazioni dieci anni dopo: la polverina del languore, della stanchezza, diciamo pure la parola empia, della noia, che cala sulla straripante commozione ufficiale. Qui la chiamano “anniversary fatigue”, che non è fatica fisica, ma spossatezza morale da ricorrenze e cerimonie che nel momento culminante del decennale, stanno cercando di spremere troppe lacrime, troppi discorsi, troppi opportunismi. Persino il sindaco della città “martire”, Michael Bloomberg mostra segni di insofferenza e si chiede se non sia arrivata l’ora di rinunciare almeno alla lettura pubblica dei nomi delle vittime, a partire dall’11 settembre 2012. C’è chi sostiene che la disfatta di Rudy Giuliani, il sindaco canonizzato sulle rovine, nelle presidenziali del 2008 nascesse anche dal suo ricorso costante a quel giorno.

Nel cratere divenuto cantiere e che nel suo essere un vuoto ricorda il concetto rivoluzionario del monumento di Washington ai morti in Vietnam scavato nella terra, insieme con l’acqua della cascata artificiale, affonda una commemorazione ciclopica che potrebbe risucchiare tutte le commemorazioni future, una sorta di gran finale. L’America è una nazione che ha il culto del domani, e che l’11 settembre ha tentato di stravolgere costringendola a guardare all’indietro, a voltarsi verso il passato. È una giornata di sentimenti ambigui, questa in arrivo, dove una nazione costruita sul futuro deve tornare al passato. Senza neppure essere certa che sia passato per sempre. La “guerra al terrore” che dalla voragine scaturì, continua e continuerà. Il giorno che “ha cambiato tutto” sta cambiando anche se stesso (…)

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