ROMA – La strana tentazione di Bersani: aggrapparsi alla possibilità (ipotesi ormai di sempre più difficile realizzazione) di essere premier. E la strana tentazione di Berlusconi: senza governissimo andare al voto già in estate. Massimo Franco sul Corriere della Sera scrive:
Il problema che si comincia a delineare riguarda il vuoto decisionale delle prossime settimane, il governo di Mario Monti è dimissionario, e per ora non ci sono reazioni troppo negative dei mercati finanziari. Ma i partiti sono inquieti, e le tentazioni elettorali serpeggiano quanto i sospetti di manovre dilatorie. Si attribuisce a Silvio Berlusconi l’intenzione di ottenere garanzie sulla figura del prossimo capo dello Stato; e una voglia crescente di forzare i tempi e andare al voto anticipato entro fine giugno o perfino ai primi di luglio. Teme infatti non solo l’ingorgo istituzionale ma quello fra votazioni per il Quirinale e processi che riguardano Berlusconi. Il 18 aprile la Corte di Cassazione deciderà sullo spostamento del suo processo da Milano a Brescia. E subito dopo, il 20 aprile, si riaprirà il processo su Ruby, la minorenne marocchina per la quale il capo del Pdl è imputato. E il 22 continuerà quello che riguarda presunti reati commessi da Mediaset. In teoria, la coincidenza con la riunione delle Camere potrebbe far concedere il legittimo impedimento a Berlusconi.
Ma la tensione è comunque destinata a crescere. Per questo gli si attribuisce una certa fretta di sottrarsi a quella che vede come una tenaglia giudiziaria; e di puntare subito alle elezioni. In teoria, se per il Quirinale si trova rapidamente la soluzione, i tempi ci sarebbero: tra l’altro, Napolitano appare deciso ad accelerare al massimo. Ma ci si arriverebbe a luglio, più che a giugno: in piena estate. Se non decolla una «collaborazione forzosa» fra Pdl e Pd, insistono i berlusconiani, meglio le urne. Però bisognerebbe spiegare perché ci si torna senza cambiare una legge elettorale sinonimo di ingovernabilità. «Nell’ipotesi più probabile di andare al voto a luglio» ha spiegato ieri per il Pd Dario Franceschini, «occorre introdurre un correttivo per evitare che, chiunque vinca, si trovi nella stessa situazione di stallo». Insomma, l’ipotesi non si esclude neanche a sinistra. L’accusa a Bersani di essere interessato più al proprio destino che a quello dell’Italia può fare presa. Se però il Pdl passasse da un atteggiamento responsabile alla scelta di far saltare il tavolo, crescerebbe il rischio di regalare altri voti al Movimento 5 Stelle del comico Beppe Grillo o all’astensionismo: da un vicolo cieco all’altro.