“Se il mercato vince (troppo) a Cannes”: Paolo Merenghetti sul Corriere della Sera

Una riflessione critica sul senso del Festival di Cannes, che, negli ultimi anni, appare sempre più condizionato dalle pressioni delle grandi case cinematografiche e dalle esigenze di botteghino. Blitzquotidiano vi propone come articolo del giorno un pezzo di Paolo Merenghetti sul Corriere della Sera. L’analisi parte dal film Robinh Hood e arriva ad interrogarsi sullo strapotere del mercato anche nel cinema.

Non era mai successo: il film scelto per aprire il più importante festival del mondo, Robin Hood di Ridley Scott, si poteva vedere al cinema prima che in Sala Lumière, per l’inaugurazione ufficiale. Questione di ore, certo, ma è una differenza che conta. E che sottolinea chi viene prima e chi viene dopo: vince il mercato, con le sue esigenze, e poi segue il festival con le sue liturgie. Forse bisogna partire da qui per capire che cos’è successo quest’anno a Cannes – tutti si sono lamentati per la qualità della selezione – e interrogarsi sul senso di una manifestazione che non nasconde più le proprie rughe. Sulla Croisette come in tutto il resto del mondo. La forza di Cannes nasce dalla capacità di tenere uniti l’arte e il mercato: l’ha fatto per primo, negli anni Settanta, quando Venezia agonizzava, e da allora l’ha eletto a proprio distintivo. In fondo non era stato il francese Malraux che, parlando di cinema, ne aveva esaltato per pagine e pagine l’artisticità per concludere poi con un lapidario «e comunque il cinema è anche un’industria»? […]

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