“Montalto, il paese sta con gli stupratori”. Alessandro Capponi per il Corriere della Sera

Blitz quotidiano propone oggi come articolo del giorno il racconto di Alessandro Capponi per il Corriere della Sera, il quale analizza la situazione sociale e le reazioni degli abitanti di Montalo di Castro, nel viterbese, dove due anni e mezzo fa in una pineta otto ragazzini stuprarono una minorenne. Nel paese nessuno ne parla o ne ha parlato e quando si chiede in giro ai ragazzi cosa ne pensano di quel fatto la risposta è pressochè la stessa: “E’ colpa di lei…lei non è certo una seria”.

Alle undici del mattino i tre adolescenti giocano a biliardo allo Zanzibar, un bar sul corso del paese: Marco, Simone e Stefano hanno, a guardarli, qualche anno in meno di quegli otto che due anni e mezzo fa stuprarono una coetanea in una pineta, per tre ore; e infatti dicono che «li conosciamo eccome, Tevez, Buddha, anche gli altri, sono a posto, non hanno alcun bisogno di stuprare ragazze, non è vero niente, piuttosto lei, che quello stesso pomeriggio, prima della festa, era andata con un altro…». Comincia da qui – un bar con un biliardo e tre adolescenti lontani dalla scuola – il viaggio nel paese che difende gli aggressori e insulta la vittima: sarà lungo, ore e ore a parlare con la gente, e il risultato, alla fine, è quello. «Colpa di lei». Oppure: «Lei di certo non è una seria». O anche: «Ma se l’aveva già fatto con altri quattro…». Gli aneddoti, a Montalto di Castro, riguardano una ragazzina violentata. Alto Lazio, giornata così cristallina che in lontananza si vedono qua l’Argentario e là Capalbio, una meraviglia: e anche il paese è carino, con la sua piazza Padella, via dell’Ospizio, le sue trattorie, il corso, il castello, poche macchine. Tutto illuminato dal sole. Una meraviglia. E anche le persone sono cortesi, disponibili, gentili. I ragazzi – dai quindici ai venti, ventidue – si ritrovano al bar Oasi o al bar del Corso, il pomeriggio: sono lì a ridere e fare battute, fumare sigarette, indicare ragazze. Lì vanno anche Marco, Simone e Stefano: chiamano al telefonino uno degli otto aggressori – che per due anni e mezzo saranno «messi in prova» dal Tribunale dei minori, se la superano il reato è estinto – e spiegano che un giornalista vorrebbe parlargli. Quello, Alberto, dice una cosa sola: «Non voglio problemi, se gli avete dato il mio numero ditegli di cancellarlo». […]

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