“Niente cariche, facciamoli giocare”, Carlo Bonini su Repubblica

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Ottobre 2013 - 14:45 OLTRE 6 MESI FA
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Corteo Roma (Foto LaPresse) r

ROMA – “Niente cariche, facciamoli giocare”. E’ l’ordine dato dai responsabili alle forze dell’ordine nel giorno del corteo degli antagonisti a Roma. Ordine che, secondo Carlo Bonini su Repubblica, ha permesso alla manifestazione di svolgersi in modo complessivamente ordinato.

Blitzquotidiano vi propone l’articolo di Bonini come Articolo del Giorno:

MIGLIAIA di persone che hanno sfilato pacificamente e che verranno rapidamente dimenticate, perché di quelle non sembra fregare niente a nessuno. Come un wargame, il pomeriggio di Roma declina, anche nella sua autorappresentazione, un gioco di ruolo in diretta. Con le strade sgombre di auto e cassonetti. Le saracinesche dei negozi tirate giù. Le sale operazioni di Questura e Comando provinciale dei carabinieri attrezzate come avveniristici gabinetti di guerra. Immagini dall’alto nel volo ininterrotto degli elicotteri, immagini da telecamere fisse, immagini da diretta tv, nel cicalio continuo delle comunicazioni radio fra reparti, dirigenti, posti di vigilanza fissi. Per poter alla fine misurare, quando scende il buio, e alle “truppe” arriva il “messaggio di congratulazioni” del ministro dell’Interno, chi vince e chi perde in uno scontro sapientemente annunciato da settimane sui due lati della barricata come un Armageddon.

Il wargame, dunque. «Non finirà gratis», dice alle 2 del pomeriggio nella sala operativa della questura un dirigente della polizia che annota per un’ultima volta la disposizione delle “truppe” in campo e ne controlla l’esatta corrispondenza con il piano disposto dal prefetto Giuseppe Pecoraro e dal questore Fulvio Della Rocca. E nelle sue parole sembra esserci tutta la scaramanzia e il senso di ineluttabilità di chi, attrezzandosi al peggio, facendo il “nemico” più sporco e cattivo di quel che è o ha deciso di essere, avrà sempre tempo di provare sollievo nel constatare che il peggio non c’è stato. Del resto, la ferita del 15 ottobre 2011 è ancora aperta. E si vede dal capovolgimento che il prefetto e il questore hanno dato nel disegno del cosiddetto “dispositivo di ordine pubblico”, il piano che fino a notte deve governare le mosse diogni singolo reparto celere, pattuglia di commissariato e polizia municipale. L’idea è che se davvero battaglia deve essere, che non sia campale. Ma “dinamica”, con azioni e reazioni che si devono accendere e spegnere fulminee, come i fuochi che i “neri” promettono di appiccare. «Un po’ come quando in una partita di calcio ci si mette “a specchio” con l’avversario — spiega a metà pomeriggio uno degli operativi dei carabinieri chini sul wargame — Ad ogni attacco rispondi con una mossa simmetrica e direttamente proporzionata. E se non avverti pericolo, lasci giocare».

Stavolta, dunque, non c’è più una “città proibita” da presidiare e dunque da trasformare in irresistibile meta e bersaglio. Gli obiettivi sono tutti e volutamente a disposizione lungo il percorso autorizzato o comunque a ridosso. La Cassa Depositi e Prestiti, il Consiglio Superiore della Magistratura, i ministeri dell’Economia, del Lavoro, dello Sviluppo, delle Infrastrutture, le Ferrovie dello Stato, le ambasciate tedesca, inglese, americana. Apparentemente, le difendono presidi irrisori di Carabinieri, Polizia, Finanza. In realtà, come tanti cavalli di Troia, ciascuno nasconde nelle sueimmediate vicinanze centinaia di uomini pronti a intervenire. Mentre il corpo del corteo è imbragato e accompagnato in testa, in coda e sui lati. Ma senza che la presenza sia «visibilmente eccessiva». Perché le istruzioni della sala operativa che fino alle 19 ritornano ossessive ai 4 mila uomini in strada sono in fondo tre. «Non reagire a nessuna provocazione». «Non diventare bersaglio facile dei lanci numerosi di bombe carta» (almeno una, micidiale perché armata con un proiettile calibro 12, sarà ritrovata in piazza della Croce Rossa, davanti alle Ferrovie). «Non caricare la folla senon autorizzati direttamente dal Questore ».

Del resto, le immagini che arrivano dagli elicotteri e da una ventina di telecamere fisse lungo il percorso, così come gli zoom in digitale degli specialisti della Digos e del Ros che seguono in borghese e con le loro telecamere il corteo, sembrano confortare che il piano calzi come un guanto al tipo di pomeriggio. Perché documentano che “il pericolo nero” ha numeri ridotti rispetto alle attese. «Saranno un migliaio », contabilizzano in Questura quando la testa della marcia raggiunge Santa Maria Maggiore. E di questi «non più di 200», «molti per altro ragazzini», sembrano sfuggire al controllo dell’eccellente servizio d’ordine che si è dato la manifestazione. E che impedisce che il corteo sia “tagliato” da ingressi o uscite indesiderate (a dimostrazione che anche per chi è in piazza pesa e come il ricordo del 15 ottobre).

Succede così che a nemmeno un’ora dalla partenza la “sortita” verso CasaPound, la roccaforte dei “fascisti del terzo millennio”, attrezzati all’uopo con mazze, caschi e bastoni per “difendere” l’edificio che occupano, venga assorbita e spenta da un rapido dispiegamento di cordoni di polizia e carabinieri. E succede anche che, intorno alle 17, quando la manifestazione raggiunge la stazione Termini, quei “200” siano ormai seguiti istante dopo istante dalle telecamere dal basso e dall’alto. Che ne filmano i volti e ne anticipano le mosse. «Perché a questo punto — dice un ufficiale dell’Arma — gli resta un solo obiettivo. Il ministero dell’Economia».

E così sarà. Qui, è l’unico contatto violento del pomeriggio. Per l’ordine di carica, il Questore Della Rocca attende fino a quando non è evidente che l’urto non scatenerà una bolgia sul resto del corteo. «Carichiamo solo per fare arresti», comunica ai dirigenti in strada. «Ripeto, solo per fare arresti ».

Il wargame finisce qui.