Con il decreto milleproroghe torna la pratica consueta del populismo, anche perché le elezioni regionali sono alle porte. Così, i politici italiani hanno uno scatto politico «né conservatore né progressista che supera e mantiene entrambe le posizioni» che fa approvare il tetto massimo agli stipendi dei vertici delle società quotate in Borsa e un nuovo condono edilizio. Tutto ciò fa allontanare la possiblità che finalmente in Italia arrivi qualche riforma:
Affiora qua e là, tra la legge Comunitaria 2009 che affronterà ora il terzo esame alla Camera e il consueto decreto milleproroghe, il cui nome di per sé evoca e conferma da anni una pratica sciagurata. Sì, ci sono elezioni alle porte, e il virus del populismo s’insinua rigoglioso nei palazzi dove si discutono e si producono le leggi dello stato.
Brutta storia. Non nuova, certo, ma pur sempre una brutta storia che travalica i confini del malcostume parlamentare episodico e che, in un momento cruciale a cavallo tra la fine della crisi e una ripresa gracile e incerta, torna a mostrarci uno dei volti peggiori della politica.
Si vota, si vota. Dunque, bando ai sottili distinguo. Il riformismo si fa piccolo piccolo, anzi evapora. È tempo di sub-emendamenti…