“Prigionieri della forza” Lucio Caracciolo su “Repubblica”

Il blitz di Israele è stato condannato da tutto il mondo. L’atto violento del popolo ebraico è analizzato e commentato da Lucio Caracciolo nell’articolo “Prigionieri della forza” pubblicato oggi su “Repubblica”: «Israele è prigioniero della sua forza. O meglio, dei suoi vertici militari, che hanno fatto dell´uso semiautomatico e volutamente eccessivo della forza il marchio dello Stato ebraico.

Lo hanno fatto con l´avallo dei leader politici e il sostegno di gran parte dell´opinione pubblica e, nelle intenzioni, era la garanzia della sopravvivenza di Israele in un mare di nemici aperti o subdoli. Nelle conseguenze, un efficace strumento di erosione della sicurezza nazionale.
Paradosso tanto più sorprendente perché oggi nessuno pare in grado di distruggere Israele. Almeno finché l´Iran non si doterà di un arsenale nucleare e spezzerà così il monopolio regionale non dichiarato di Gerusalemme in materia. Ciò che la strage del Mavi Marmara rende più, non meno probabile.

Il disastroso arrembaggio notturno al convoglio umanitario diretto a Gaza è il paradigma di questa non-logica. Fondata sull´uso della forza non al servizio della politica, ma in sua vece. Il boomerang è inevitabile. I vincitori della partita sono anzitutto Hamas e l´Iran, non certo le forze speciali della Marina che hanno avuto ragione dei civili a bordo della nave turca. Gerusalemme sostiene che fra loro vi fossero dei provocatori. Sicuro. A maggior ragione una leadership matura e responsabile non sarebbe dovuta cadere nella trappola. Per poi aggravare il danno, lasciando intendere che sia buono e giusto mitragliare all´impazzata chi è armato di bastoni e coltelli.

La prima regola di qualsiasi strategia è dividere il nemico. Israele tende sistematicamente a compattarlo. Si obietterà che in questo modo intende consolidare il senso di appartenenza allo Stato della sua piuttosto eterogenea popolazione, per un quinto araba e per il resto segnata da storie, culture, lingue diverse. Questo genere di pedagogia nazionale basato sull´emergenza permanente invita però a restare al di qua della linea d´ombra, con il fucile al piede e con la testa al fucile. Finora l´eccezionalismo ha funzionato. Nulla stabilisce che funzionerà domani e dopodomani.

La strategia di Israele è lo status quo infinito. Ma restar fermi quando tutto si muove – a cominciare dalla demografia araba e islamica – e macchiare la crema delle proprie Forze armate per eternare gli equilibri contingenti, implica la rinuncia a contare nel mondo. In altri termini: la forza di Israele ne colpisce la potenza» []

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