ROMA – Nonostante gli annunci-spot del governo Monti la riforma del lavoro è tutt’altro che pronta e tutt’altro che risolutiva: come annota Enrico Marro sul ‘Corriere della Sera’ sul mercato del lavoro ci sono solo pochi cambiamenti e tante incertezze.
Marro annota nel suo commento: “Bisogna proprio essere degli inguaribili ottimisti per credere che la riforma del mercato del lavoro realizzerà un sistema «dinamico e inclusivo, idoneo a contribuire alla crescita di occupazione di qualità», come afferma la relazione al disegno di legge approvato il 23 marzo dal governo. Prendiamo le norme sui licenziamenti. Monti e Fornero sono riusciti, dopo un tira e molla con le parti sociali e i partiti, a intaccare il tabù dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, vecchio di 42 anni e di ostacolo, secondo il governo, agli investimenti dall’estero. Si può discutere se l’intervento, che rende più facili i licenziamenti, sia quello giusto. Su una parte della riforma però tutti hanno dato un giudizio positivo: gli articoli dal 16 al 21 che istituiscono un rito giudiziario abbreviato per le controversie sui licenziamenti. Oggi queste cause possono durare molti anni, a danno delle imprese e dei lavoratori. Secondo la Cgil, velocizzare i processi era addirittura l’unica modifica da fare, senza toccare l’articolo 18. E anche i nostri imprenditori, hanno riconosciuto che questa era la priorità”.
E’ quello dei tempi rapidi per le cause di lavoro la prima “incertezza” che Marro individua nella nuova riforma. Scrive: “Tutto a posto allora? Nemmeno per idea. Il governo è convinto di aver fatto la cosa giusta, i sindacati sono contenti, le imprese pure, ma i giudici no. E così ieri il Consiglio superiore della magistratura ha approvato all’unanimità un parere richiesto dal ministro della Giustizia che in pratica dice: signori, il rito abbreviato non si può fare se non ci date più personale e risorse. La riforma, quindi, pur se ha il merito di «deformalizzare» (è scritto proprio così) e di fissare «tempi processuali stringenti», «non può ex se assicurare al cittadino l’erogazione del servizio giustizia in tempi ragionevoli». A questo punto il governo ha il dovere di chiarire ai cittadini appunto se ha ragione lui o il Csm. E in quest’ultimo caso di provvedere, altrimenti il processo breve resterà sulla carta”.
Altro punto di incertezza, scrive Marro, è “la delega annunciata per armonizzare il pubblico impiego alle nuove regole” che “ancora non è stata presentata e anzi l’accordo tra il ministro Patroni Griffi e i sindacati prefigura un regime differenziato per gli statali”.
Poi i voucher, ovvero i buoni da 10 euro con i quali un’impresa può remunerare i lavoretti accessori, su cui si è arenata l’esame della riforma in commissione Lavoro al Senato. Scrive Marro: “I voucher si prestano ad abusi. Il fatto che un buono non equivalga a un’ora di lavoro, per esempio, può far sì che si paghi una giornata nei campi con uno o due buoni. In commissione, un emendamento dei relatori rimette le cose a posto, stabilendo che il voucher è orario. Apriti cielo! Per le associazioni agricole c’è il rischio che i lavoratori tornino al nero. Eppure sembra solo una norma di buon senso”. (…)