ROMA – Il disegno di legge cosiddetto Salva Sallusti (ma qualcuno lo chiama “bavaglio“) non piace soprattutto ai giornalisti e agli editori. Sul Corriere della Sera, però, Luigi Ferrarella scrive che è giusto criticare la legge, ma è anche giusto che i giornalisti rispettino le regole deontologiche. E che, se si è arrivati fino a questo punto, è anche perché i giornalisti troppo spesso si sono dimenticati di quelle norme.
Sembra quasi che sia un problema dei giornalisti la legge sulla diffamazione che il Senato si appresta a votare oggi. Invece è un problema dei cittadini il coacervo di contraddizioni e irrazionalità precipitate nel testo a forza di colpi di mano e spesso sotto il passamontagna del voto segreto: dalle multe anche di 50.000 euro (tali da ipotecare i bilanci di testate medio-piccole) al divieto di replicare alle rettifiche quand’anche espongano palesi falsità, fino al carcere per il cronista ma non per il direttore quando pure concorrano nella medesima diffamazione.
Questa legge riguarda tutti perché dal diritto di ricevere informazioni, necessarie a operare consapevoli scelte quotidiane, dipende la salute di una società. E per questo un organo di informazione che mente non è solo una bega tra giornalisti, ma un problema che avvelena l’intera collettività e fa perdere ai fatti il loro valore di realtà.
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