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Spinelli contro la hybris di Monti esorta Pd e Sel su Repubblica

di Marco Benedetto |9 Gennaio 2013 13:55

Barbara Spinelli continua su Repubblica il distacco da Mario Monti, in sintonia con la delusione espressa da Eugenio Scalfari. Barbara Spinelli, oltre alle sue proprie qualità intrinseche, ne possiede altre due che nella iconostasi della sinistra italiana hanno un certo peso: è figlia di Altiero Spinelli, uno dei padri della Europa unita ed è stata compagna di Tommaso Padoa Schioppa, che fu ministro dell’Economia in governi di sinistra ma in ruolo di tecnico, come fu Carlo Azeglio Ciampi e come è, per ora, Mario Monti. In altre parole, quando Barbara Spinelli scrive, lo fa quasi ex cathedra.

L’inizio dell’articolo è di ruvida franchezza:

“Forse per la sinistra è giunto il momento di togliere lo sguardo dall’Agenda Monti, di sottrarsi alla sua malia, di vedere le opportunità che sempre s’annidano nei disinganni. Che il premier non sia un uomo sopra le parti, la sinistra ormai lo sa, lo vede. L’incanto s’è rotto, Monti salendo in politica è sceso dal piedistallo dove era stato messo, e questo dovrebbe spingere le sinistre coalizzate a concentrare tutte le forze, le attenzioni, su quello che hanno da dire e offrire in proprio,  […] a proposito della crisi e dei modi di uscirne, del Welfare e dello Stato di diritto da salvaguardare, dell’Europa e di un mondo non più egemonizzato dalla potenza Usa ma non compiutamente multipolare”.

Spinelli rileva come Monti coltivi

“sottilmente l’ambiguità: vorrebbe essere al tempo stesso uomo di parte e uomo estraneo alle parti. Vorrebbe entrare in politica guidando un centro liberista e contando umilmente le proprie forze, e al tempo stesso ignorare i numeri, imporsi come premier futuro anche se la sinistra raccoglierà più voti.”

Segue un passaggio feroce:

“L’umiltà si mescola alla hybris, alla dismisura, e la malia continua. Lui l’alimenta con ragionamenti intelligenti, insidiosi e assai disinvolti. Il voto, il popolo sovrano, le tradizioni democratiche: ai suoi occhi pesano relativamente, se l’approdo ha da essere comunque un Monti bis”.

Il riferimento alla hybris, o hubris, sentimento che perde chi le soccombe, è crudele e premonitore, anche se avvolto nella estrema ricercatezza e rarità del termine nell’uso italiano. Hybris, o hubris, è, nella versione di Wikipedia, un termine di derivazione della antica Grecia,

“significa estremo orgoglio o arroganza. Spesso indica una perdita di contatto con la realtà e un eccesso di stima delle proprie competenze e capacità, specialmente quando la persona che ne fa sfoggio si trova in una posizione di potere”.

Su Blitzquotidiano è stata usata in riferimento a George W. Bush e alla sua guerra in Iraq, agli azionisti della Rcs, a Sergio Marchionne, alla genuflessione di Obama davanti al re della Arabia Saudita Abdullah.

Altra sciabolata contro Monti:

“La emergenza, come lui ambiguamente la racconta è al contempo finita e infinita: finita grazie al suo governo, infinita essendo che domani ci sarà ancora bisogno di lui, uomo provvidenziale chiamato a fronteggiare uno stato di pericolosità pubblica che non scema”.

“Sono ambiguità che vale la pena smantellare, se si vuol uscire dal mito antidemocratico di un centrismo che regna immobile, senza confrontarsi con idee alternative né con alternanze di governo, perché al di fuori del proprio perimetro non conosce altro che “ali estreme”, da tagliare o silenziare. Una sorta di repubblica moderatamente radicale, che ricorda la Restaurazione del regno nella Francia dell’800: “Nazionalizzare il monarca e monarchizzare la nazione”, tale era il suo motto”.

Esortazione a Pd e Sel, che

“a simili equivoci hanno un modo di rispondere: mettendo in risalto quel che è differente e nuovo nelle proprie agende. Pensando se stessi a prescindere dal centro con cui toccherà negoziare, se l’ascesa di Monti ci restituirà camere ingovernabili. Sentimenti gemelli come l’illusione o la disillusione sono rischiosi, in politica. Meglio trattare Monti come normale rivale, puntare sulla sua umiltà più che sulla sua hybris, e contrapporre alla sua forza la propria, nel duello”.

Monti, secondo Spinelli, scommette sulla ingovernabilità dell’Italia, ma anche c’è della sostanza in questa speranza:

“Bersani convince, senza dar l’impressione di voler vincere. Purtroppo la sua agenda somiglia parecchio a quella di Monti, come rammenta Eugenio Scalfari. Nelle prossime settimane converrà dire in che cosa le sinistre dissomigliano dalla destra, e dal centro”.

Come un bravo trainer di boxe, ecco Spinelli suggerire un uppercut:

“Converrà anche rivedere alcuni successi di Monti. È vero: a Bruxelles fu ottimo commissario alla concorrenza, quando s’accapigliò con Microsoft. Non risulta che abbia combattuto con pari vigore l’assenza di concorrenza nell’informazione televisiva italiana. La lotta all’evasione c’è, ma non all’altezza dei proclami. Nel 2012 gli introiti (6,4 miliardi) sono aumentati di mezzo miliardo rispetto al 2011: appena un centesimo dell’evasione annua (120 miliardi)”.

Poi c’è il tema del rigore. Spinelli ricorda che

“non esiste solo la linea Monti, o Merkel. Lo stesso Fondo Monetario, con insistenza crescente, sta rivedendo strategie troppo cocciutamente difese. L’errore consiste nell’aver creduto che il rigore non avrebbe compresso oltre misura sviluppo e occupazione. Olivier Blanchard, direttore dell’ufficio studi del Fondo, conferma in un rapporto dell’inizio 2013 che i calcoli sono stati sbagliati (almeno nel breve termine, ma il breve termine è tempo lungo per le società): i tagli alla spesa pubblica hanno avuto effetti depressivi – sulla domanda interna, sulla crescita, sullo stesso debito pubblico – molto più ampi del previsto”.

Si è parlato, ricorda Spinelli,

“di mea culpa dei vertici Fmi, e di una “tempesta nei circoli econometrici”: degli economisti che, con Monti, basano le previsioni su modelli matematici. Stefano Fassina, responsabile economico del Pd tanto vituperato da Monti, ha richiamato l’attenzione sulla svolta del Fondo sin dal 12 ottobre 2012. Chi, nel suo partito, riprende i suoi argomenti per meglio confutare l’Agenda Monti?”.

“Costruire una Europa diversa è la principale discriminante, oggi, fra progressisti e liberisti. Non è vero che centro e sinistre difendono la Federazione in egual modo. Monti non pronuncia la parola, nella Agenda. Mentre la pronunciano Vendola e Bersani, che chiedono gli Stati Uniti d’Europa e un governo federale dell’eurozona. Volere la Federazione non è battaglia marginale: significa dare all’Unione i mezzi politici e finanziari per contrastare la crisi non solo nella solidarietà, ma predisponendo piani comuni di rilancio finanziati da comuni risorse. Al momento vincono i minimalisti: il bilancio non ha da crescere, ordina Londra, imitata da Germania, Olanda, Finlandia, Svezia. L’Italia difende le spese che ci sono destinate, senza esigere incrementi di bilancio”.

Spinelli conclude rilevando che, nella Agenda Monti e nelle sue decisioni da primo ministro, Ci sono punti

“che non sono affatto di destra: fra questi il reddito minimo, o la decisione di escludere dalla propria lista gli inquisiti, oltre ai condannati. Una sinistra che voglia non solo convincere, ma vincere, non può limitarsi a criticare il rivale-avversario. Che si mostri ancora più progressista di lui, che non gli lasci l’esclusiva delle politiche buone. Che aggiunga alle proprie agende quel che Monti visibilmente omette: la difesa strenua della laicità e dei diritti, compreso il diritto di cittadinanza degli immigrati nati in Italia. Se non lo fa, vuol dire che è ancora preda delle malie di Monti e dei suoi incantamenti”.

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