“La battaglia dei gay per il diritto alla felicità”, di Vittorio Zucconi

ROMA – Blitz quotidiano vi propone oggi come articolo del giorno quello di Vittorio Zucconi per Repubblica sulla battaglia dei gay per il diritto alla felicità. In America infatti ben otto Stati hanno legalizzato i matrimoni omosessuali che sono entrati anche nel dibattito elettorale. In Italia, invece, tutto è ancora fermo.

Si chiamavano Tanya e Marcia e sapevano che sarebbero entrate nella storia semplicemente entrando nell’ufficio del segretario comunale di Cambridge, in Massachusetts per sposarsi. Alle 9 e 15 del 18 marzo 2004, le due donne ascoltarono il funzionario pronunciare per la prima volta nella storia americana le parole che avevano atteso per diciotto anni: “Vi pronuncio legalmente sposate. Congratulazioni”. Non avrebbero mai immaginato che da quel giorno, al ritmo di un nuovo Stato ogni anno, sarebbero divenuti otto gli Stati americani dove altre Tanya e Marcia avrebbero potuto ascoltare quella frase. L’ultimo, quattro giorni or sono, il Maryland, con la firma del governatore O’Malley.

Per l’orrore e lo sdegno dei benpensanti, a cominciare da quel governatore dello Stato, Mitt Romney, oggi lanciato nella rincorsa alla Casa Bianca per conto dei repubblicani, Tanya McKloskey, una cinquantenne massaggiatrice terapeutica e Marcia Kadishm, sua coetanea e capo ufficio del personale in un’azienda di ingegneria, avevano fatto quel giorno qualcosa che nella storia degli Stati Uniti nessuno aveva mai fatto, né visto. Nella terra che duecentoventi anni prima aveva partorito l’idea di America poi divenuta nazione, il semplice e fondamentale dettato della Costituzione e della Dichiarazione d’Indipendenza che proclama “l’inalienabile diritto alla ricerca della felicità”, senza specificare il sesso dei “ricercatori”, aveva affermato la propria presenza. 

Fu la fine di un inizio, quel “sì” delle due donne a Cambridge, sobborgo di Boston. La resa del Massachusetts alla spallata non soltanto dell’America omosessuale, ma del numero crescente di cittadini convinti che uno stato laico non possa negare un diritto tanto elementare a nessuno, lasciando a chiese, sette, gruppi, le loro legittime pratiche esclusive, avrebbe aperto le chiuse dell’omofobia e permesso ad altri Stati americani di aggiungersi alla lista. Ed erano trascorsi esattamente trentacinque anni, il tempo di una generazione, dalla rivolta partita nel 1969 dalla irruzione della polizia di New York nella “Taverna del Muro di Pietra”, lo “Stonewall Inn” a Manhattan, dove gli agenti avevano rastrellato e arrestato con brutalità degna dei “raid” nei locali proibiti durante il Proibizionismo, decine di persone accusate del reato di “sodomia”. Dai raid della polizia, al certificato di matrimonio emesso per Tanya, Marcia e le altre coppie che le seguirono quel giorno in comune, la lancetta della cultura civile aveva fatto uno scatto in avanti. Era avanzata dal medioevo della “perversione satanica” all’età moderna dei “diritti civili”. […]

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