Palermo: il boss paga lo stipendio ai “picciotti”. Le intercettazioni svelano i legami di Antonino Abbate

Pubblicato il 18 Giugno 2010 - 12:31| Aggiornato il 24 Agosto 2010 OLTRE 6 MESI FA

Antonino Abbate, capo della cosca palermitana di Borgo Vecchio,  provvedeva alle necessità degli affiliati e delle loro famiglie. Dalle intercettazioni è emerso che era lui a tenere la cassa e a pagare gli stipendi dei “picciotti”, liberi o detenuti. Utilizzava i proventi delle estorsioni, delle rapine e del traffico di stupefacenti. Il 25 marzo 2010, mentre parlava con Vincenzo Giovanni Trapani, un anziano pregiudicato del Borgo Vecchio agli arresti domiciliari per droga, Abbate dice che deve essergli grato per lo stipendio. Il suo nome, infatti, non è inserito nel libro paga del clan, definito “il libro dell’Amia, dal nome dell’azienda che gestisce la raccolta dei rifiuti a Palermo.

Nel libro paga c’è invece  il nome di Luigi Barbera, condannato per mafia con sentenza definitiva. Abbate gli fa avere, tramite il figlio, uno “stipendio” di 750 euro al mese. Ed è sempre Abbate ad occuparsi delle esigenze di Giusy Amato, arrestata per avere favorito la latitanza di Gianni Nicchi. La donna, su richiesta della famiglia di Porta Nuova, avrebbe messo a disposizione del boss il covo dove Nicchi era stato catturato. Quando la Amato è stata scarcerata per scadenza dei termini, Abbate la va a trovare e la rassicura per il pagamento dell’avvocato e per l’andamento della vicenda giudiziaria. Il boss le ha suggerito persino la strategia difensiva e le dice: «Devi dire che tu l’hai conosciuto in un locale… punto». La donna dice però di volere essere risarcita per essersi messa a disposizione, e si lamentandosi del comportamento di Gianni Nicchi: «Non è che a me il signorino mi dava la mazzettina a me non mi ha dato niente nessuno».