Un altro terremoto in Abruzzo: stavolta, crolla il Pil

Dopo la scossa del sisma un anno fa, a scuotere l’Abruzzo in questo aprile c’ha pensato la crisi finanziaria. I dati spaventano: la regione ha perso 6 punti di Pil, che si concretizzano in 24 mila posti di lavoro andati in fumo.

“Solo le politiche di stabilizzazione hanno impedito che la crisi assumesse effetti ancora più devastanti”, spiega al quotidiano il Centro l’economista Giuseppe Mauro, docente all’Università D’Annunzio di Pescara, “ma l’Abruzzo è una delle regioni italiane che hanno maggiormente risentito della recessione”.

Tra le cause della fase recessiva, secondo Mauro, la caduta dell’export, che nel 2009 è stato del 31,7 per cento, soprattutto nel settore dei mezzi di trasporto (-49 per cento) e dei metalli (-32 per cento), contro il 20,7 per cento dell’Italia.

Crollo anche nell’occupazione, passata da 518mila a 494mila addetti, il 4,8 per cento in meno, la percentale più alta tra le regioni italiane. Poi c’è il tasso di disoccupazione che è passato in Abruzzo dal 6,6 all’8,1 per cento, mentre in Italia è al 7,8 per cento.

C’è poi la stima della caduta del Pil che si prevede intorno al 6 per cento su valori riferiti al 2000 con punte del 6,1% a Chieti e L’Aquila. Il Pil a prezzi correnti è invece del -3,8 per cento..

Infine, il sistema bancario, dove gli impieghi sono cresciuti solo dello 0,6 per cento, sono cioè rimasti praticamente immutati.

A livello di prodotto interno lordo, quel che preoccupa di più è l’arretramento generalizzato di tute le province abruzzesi, tra il 20esimo e il 73esimo posto, ritornando a livelli precedenti al 2000.

Che fare dunque? “Certamente bisogna chiudere con quegli elenchi interminabili delle cose da fare, sostiene Mauro, vere e proprie lenzuolate inconcludenti. Sarebbe invece più opportuno porsi obiettivi precisi, avendo bene in mente le risorse disponibili, sia statali che comunitarie. E poi mi sembra opportuno che, rispetto al debito pubblico regionale, si affronti il discorso dell’eliminazione degli sprechi, per avviare la Regione sulla strada del risanamento. C’è bisogno poi di un rapporto serio e lungimirante tra le istituzioni e le banche. Infine è necessaria una riflessione sui temi della crescita economica che coinvolga tutti, non solo la politica”.

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