PROSSIMO GOVERNO: L’IMPRONTA DELLA LEGA

Il Corriere della Sera pubblica un editoriale di Massimo Franco sul peso della lega nel prossimo governo Berlusconi. Lo riportiamo di seguito:

”Vedere un ridimensionamento della Lega nel «no» a Roberto Calderoli vicepremier è come minimo fuorviante. Il sospetto è che Umberto Bossi non puntasse tanto ad imporre un «angelo custode » padano a Silvio Berlusconi dentro palazzo Chigi. Più probabilmente, voleva obbligare il presidente del Consiglio in pectore a rinunciare a Gianni Letta come suo alter ego, oltre che uomo-ombra ed eminenza grigia. Alla fine, Calderoli e Letta si sono elisi a vicenda, sebbene il Cavaliere avesse annunciato in tempi non sospetti di volere Letta al proprio fianco come numero due; e con un ruolo politico più prestigioso rispetto al quinquennio 2001-2006. E’ difficile che questo basti a ridurre il peso effettivo di un tessitore capace di coltivare rapporti trasversali col mondo bancario, l’opposizione, il Vaticano e le ambasciate che contano. Ma il ritorno di Letta a palazzo Chigi come semplice sottosegretario fa capire che nel braccio di ferro con Bossi, Berlusconi si è dovuto piegare alla volontà del secondo vincitore delle elezioni. Il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, parla addirittura di «resa» alla Lega. E propone al prossimo premier di tenere Letta «di riserva» in attesa del peggio. Forse l’espressione «resa» è eccessiva. Ma certamente il leader dei lumbard ha ottenuto quello che si era prefisso in termini di ministeri. Ed ha convinto Berlusconi ad una leadership solitaria, intorno alla quale l’alleanza di centrodestra cercherà di costruire le proprie gerarchie di potere interne. L’attesa per il ballottaggio a Roma potrebbe dare un po’ di visibilità in più ad An, se Gianni Alemanno dovesse diventare sindaco. Ma lo scenario non va sopravvalutato né in positivo né in negativo: tanto più sullo sfondo del calo dell’affluenza registratosi dovunque. Sarà più interessante seguire le dinamiche con le quali tenteranno di amalgamarsi i settori del Pdl che rappresentano il Nord; e le componenti che hanno garantito la vittoria sul Pd veltroniano a Sud. Berlusconi sa di non potere marcare il proprio governo come un condominio con la Lega. Non solo il Viminale a Roberto Maroni, ma l’Economia a Giulio Tremonti sono conferme vistose del primato padano. Il suo problema è quello di offrire un segno tangibile in termini di ministeri e sottosegretariati ad un Mezzogiorno che ha segnato la sconfitta del centrosinistra quanto Lombardia e Veneto: basti pensare al risultato siciliano, dove il Pdl ha umiliato il Pd doppiandone i consensi. La coperta striminzita delle risorse lascia a Berlusconi margini di manovra ridotti; e la consapevolezza che gli sarà difficile soddisfare le attese che ha creato, nonostante abbia cercato di non promettere troppo in campagna elettorale. Il compromesso raggiunto con Bossi sui ministeri è stato salutato come una controprova dell’ottimo rapporto fra i due leader; ma si trattava di un esito largamente previsto. L’incognita non riguarda la capacità berlusconiana di mettere insieme un governo soddisfando gli alleati, ma la sua coesione di fronte a scelte che vengono previste unanimemente come difficili. L’ampiezza della maggioranza e l’assenza della «spina nel fianco» dell’Udc tolgono pensieri ed alibi a palazzo Chigi. Ma non garantiscono in sé un percorso tranquillo. Pur non stando a palazzo Chigi, la Lega è saldamente al governo. E non rinuncerà ad imprimergli un’impronta a dispetto della prudenza berlusconiana. In fondo, la sfida sui vicepremier rappresenta soltanto un assaggio delle mediazioni continue alle quali il presidente del Consiglio sarà chiamato. La differenza rispetto al passato è che stavolta è stata sbandierata una omogeneità difficile da smentire. E gli eventuali contrasti non potranno essere scaricati su alleati infidi: dovranno essere risolti all’interno di un Pdl che ha dietro e dentro di sé non solo la maggioranza del Paese, ma anche le sue contraddizioni”.

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