Scandalo a Cagliari: rifiuti tossici sotterrati vicino all’ospedale

Un viavai continuo di camion, pieni all’andata, vuoti al ritorno, da Portovesme a Settimo San Pietro. Camion carichi di rifiuti. Molti rifiuti, diecimila metri cubi, quindicimila tonnellate. E non rifiuti qualsiasi ma scarti prodotti dall’impianto industriale della Portovesme srl, una società che recupera i metalli dai fumi di acciaieria. Rifiuti con alte concentrazioni di arsenico, piombo, zinco, cadmio, rame, nichel, solfati, fluoruri. Rifiuti pericolosi e nocivi che non possono essere smaltiti in Sardegna. Rifiuti interrati in una cava delle campagne di Settimo San Pietro, in località Su Paiolu, adibita al recupero e all’estrazione di materiale per i sottofondi stradali, e in una zona di miglioramento fondiario, a Trunconi, nel territorio di Serramanna, dov’è stato scavato un fosso talmente profondo da consentire l’ingresso dei mezzi pesanti.

Qui i rifiuti sono stati miscelati con terre di cava e inerti da demolizione frantumati per poi essere riutilizzati per la costruzione di sottofondi stradali nei cantieri della Asl 8 di Cagliari. Insomma, quei rifiuti pericolosi con un altissima concentrazione di metalli pesanti sono finiti negli spazi antistanti l’ospedale Businco e la cittadella sanitaria del capoluogo regionale. Inizialmente c’era il sospetto che fossero stati utilizzati anche nelle strutture degli ospedali ma i campionamenti sono stati negativi. Una soffiata e i carabinieri del nucleo operativo ecologico hanno saputo di strani traffici a Settimo San Pietro: dopo un sopralluogo hanno intuito qualcosa di poco chiaro nello stoccaggio dei rifiuti, così si sono rivolti alla Procura della Repubblica di Cagliari e il sostituto Daniele Caria ha subito dato l’ok al prosieguo delle indagini, con tutti i mezzi a disposizione, intercettazioni incluse.

Gli accertamenti successivi hanno svelato una situazione molto più che allarmante: per almeno tre anni, dal 2005 al 2007, i rifiuti pericolosi e nocivi provenienti dallo stabilimento industriale della Portovesme srl venivano interrati nelle cave o miscelati con altro materiale e poi utilizzati per la costruzione di sottofondi stradali. In questo modo si raggiungeva un doppio risultato: si cancellava la prova dello smaltimento illecito, si lucrava con la vendita del materiale miscelato. I carabinieri sono andati a fondo: hanno pedinato gli operai addetti al trasporto, hanno sorvolato con gli elicotteri le cave sospette, hanno seguito i camion, decine di camion, centinaia, alla fine ne hanno contati seicento, partivano da Portovesme e si fermavano a Settimo San Pietro o Serramanna.

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