MILANO – Processo Mediaset, ”c’è la piena prova, orale e documentale, che Silvio Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale dell’enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore”. Lo sostengono i giudici della corte d’Appello di Milano, secondo i quali Berlusconi non ha mai smesso di essere “al vertice” dell’azienda.
Quello sulla “enorme evasione fiscale” è solo uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza di secondo grado che ha confermato la condanna di Berlusconi a quattro anni di carcere e cinque di interdizione dai pubblici uffici per frode fiscale nella vicenda dei diritti tv.
Evasione fiscale, fondi neri, gestione dei diritti, costi della compravendita gonfiati: sono molte le accuse nei confronti dell’ex presidente del Consiglio. E altrettante le prove, secondo la corte d’Appello milanese. Per questo non si possono concedere attenuanti, “impossibile” data la “oggettiva gravità del reato”.
Secondo i giudici Berlusconi ideò un vero e proprio sistema di fondi neri all’estero: ”Era riferibile a Berlusconi l’ideazione, creazione e sviluppo del sistema che consentiva la disponibilità di denaro separato da Fininvest ed occulto al fine di mantenere e alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere”.
Per la corte, Berlusconi non solo agiva per Mediaset anche quando era presidente del Consiglio italiano, ma è stato il ”reale beneficiario delle catene” dei diritti tv, cioè di un sistema che, secondo l’imputazione, avrebbe portato a gonfiare i costi della compravendita degli stessi diritti tv.
Secondo i giudici, era “assolutamente ovvio che la gestione dei diritti, il principale costo sostenuto dal gruppo, fosse una questione strategica, quindi fosse interesse della proprietà, di una proprietà che, appunto, rimaneva interessata e coinvolta nelle scelte gestionali, pur abbandonando l’operatività giornaliera”.
Diverso, per i giudici, il caso del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri. Nel suo caso ”non vi è prova sufficiente che fosse realmente consapevole” del sistema ”illecito” creato per la compravendita dei diritti tv. Operazione di cui ”non gli si poteva attribuire un adeguata conoscenza (…) al punto da sovvertire quei bilanci” delle società. Così la corte ha confermato l’assoluzione per Confalonieri.
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